Ampie e complesse le ragioni della marcia dei trattori In primo piano

Man mano che passano i giorni dobbiamo convincerci che le ragioni, che hanno causato e stanno diffondendo le proteste degli agricoltori in tutta Europa, sono più ampie e complesse di quanto possiamo pensare. Mentre guardiamo, dal vivo o sullo schermo della TV la marcia dei trattori, viene da chiederci se l’unica differenza tra le manifestazioni di protesta del passato e quelle di oggi sia costituita dal modo di muoversi dei protagonisti: nel secolo scorso marciavano a piedi, oggi invece si muovono alla guida di potenti e rumorosi trattori.

Oggi, come ieri, non è facile comprendere le aspirazioni delle persone abituate a vivere e a lavorare nella terra e per la terra. Non è facile comprendere l’insostituibile ruolo degli agricoltori per l’alimentazione umana e la sicurezza ambientale. Intanto non possiamo lasciarci distrarre dalla mancata concessione del palco di Sanremo ai trattoristi in sciopero, né dalle competizioni interne alla stessa alleanza di governo, con una specie di derby tra i ministri Salvini e Lollobrigida: derby su chi è più amico degli agricoltori. Sfida che comunque finirà a giugno con la chiusura della campagna elettorale europea. I trattori con il loro rumore hanno in qualche misura innervosito sia i ministri italiani che i leaders europei, i quali hanno tentato di farvi fronte con provvedimenti piuttosto improvvisati e non sempre convincenti, che hanno irritato anche i conduttori della protesta. I quali allo stesso modo dei politici si sono messi a litigare fra di loro.

Va subito detto che gli agricoltori, anche nel secolo scorso, spesso non vedevano riconoscere quel loro insostituibile ruolo di produttori di alimenti e di protettori di ambiente; e pertanto rinunciavano alla loro abituale pazienza e scendevano in piazza, come avvenne in un caso particolare nel giorno di capodanno del 1953, in un paese del prefortore sannita, per contestare il sindaco che aveva introdotto la tassa di famiglia anche a carico di chi viveva in campagna, dove non si disponeva di alcuna strada rotabile né di luce elettrica. Oppure quando, nel 1972, con una legge si decise di imporre la chiusura festiva dei mercati comunali, causando non pochi disagi alle famiglie contadine abitanti in campagna, le quali soltanto la domenica potevano andare in paese per la messa e per la spesa al mercato. E così a San Bartolomeo in Galdo vi fu uno sciopero di contadini contro lo spostamento del mercato domenicale.

Nel secolo scorso, a San Marco dei Cavoti, quello sciopero contadino fu la premessa e la causa di iniziative cooperative dei coltivatori che assunsero l’onere di progettare e costruire strade interpoderali ed un elettrodotto rurale. E così la rivolta si trasformò in un’azione di sviluppo territoriale. Ed a San Bartolomeo in Galdo, il mercato domenicale fu ristabilito e divenne il più importante momento commerciale all’aperto, non solo in quella zona, assumendo una dimensione interregionale. Cioè le proteste contadine nel secolo scorso sono diventate causa di riforme. Non vi possono essere dubbi che anche l’attuale marcia di protesta dei trattori possa determinare nel prossimo futuro importanti cambiamenti e riforme, ovviamente di più larghe dimensioni rispetto a quanto avvenne nel secolo scorso in quei due paesi fortorini. E non sarà tanto il prezzo del gasolio agricolo, né la riduzione dell’Irpef, né la sottrazione del 4% alla superficie coltivabile – problemi questi certamente non secondari – a tenere alta la tensione e quindi la reazione del mondo agricolo. Comunque i problemi che attualmente animano la protesta dei trattori hanno radici molto più ampie e profonde, che possono individuarsi soprattutto nella difficoltà di integrare qualità alimentare con tutela ambientale. E’ il Green New Deal che mette in difficoltà la nostra agricoltura, e non perché siano incompatibili fra loro.

Le norme europee per il contenimento ed il divieto di fitofarmaci oggi sono rispettate da tutte le agricolture degli Stati membri della UE, però comportano, solo per gli agricoltori, alti costi nonché calo di produttività e quindi di capacità competitiva sul mercato, dove i Paesi extraeuropei sono fortemente concorrenti in quanto possono usare largamente fitofarmaci e pesticidi.

Quindi al momento è assolutamente necessario controllare e tassare i prodotti agroalimentari importati da fuori Europa, dove non vengono rispettati standard ambientali come quelli europei. Proprio perché l’agricoltura è stata il primo settore a promuovere il mercato unico in Europa oggi non può essere l’ultimo ad integrarsi con l’ambiente e quindi a portare sullo stesso binario della P.A.C. anche il Green New Deal. Ma questa integrazione Ambiente-Agricoltura richiede uno specifico coordinamento tra tutti i paesi del mondo, cioè tra produzione alimentare e protezione ambientale: in tutto il mondo, come avviene ormai con la lotta ai combustibili fossili.

Pertanto questo tema del Green New Deal deve approdare, occupandovi uno spazio primario, al prossimo Cop29, che si svolgerà alla fine di quest’anno. Quindi per difendere la vita umana e tutelare l’ambiente non basta adoperarsi, come ormai si sta facendo da oltre un decennio, per la fine dei combustibili fossili: è necessario contestualmente ridurre l’uso dei fitofarmaci e pesticidi in agricoltura. Ma in tutto il mondo e non solo in Europa.

Soltanto quando se ne occuperanno ufficialmente, e con convinzione, tutti i 199 Stati partecipanti al Cop29 - e quindi l’ONU e la FAO - potremo essere sicuri che il consumatore troverà sul mercato prodotti non inquinati e l’ambiente sarà tutelato, come tutti vogliamo. Si arriverà a tanto? Forse non oggi, ma certamente domani.

Erano quindi valide le ragioni dello sciopero pedonale dei contadini fortorini nel secolo scorso; ed ancor più lo sono le ragioni della rivolta motorizzata degli agricoltori europei di oggi.

ROBERTO COSTANZO