Antifascismo in Costituzione? In primo piano

A un secolo dalla sua conquista del potere e a ottant’anni dalla caduta del governo si discute ancora se il fascismo sia un fantasma o un imminente pericolo da affrontare sbandierando l’antifascismo della Costituzione Repubblicana.

Non è dato sapere se sul comodino di ogni deputato e senatore della Repubblica, in questo inizio di anno 2024, si trovi una copia della Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948, manomessa con prudente discrezione (salvo il titolo V che fu riscritto). A beneficio degli immemori e per rispetto per i più giovani che faticano ad afferrare il sottofondo di una polemica politica con argomenti pseudo-costituzionali, se a scuola si fosse studiato un po’ di storia “aperta” alle riflessioni di plurali convincimenti e non di intruppati replicanti di slogan a effetto, ma soprattutto se si facesse della storia uno studio aperto e continuo, certo non ci troveremmo nella confusione e nella mistificazione di questi giorni.

Un po’ di storia. Mussolini si consegna a Re Vittorio Emanuele II dopo che il Gran Consiglio del Fascismo, con procedura democratica (convocazione, discussione di un documento di sfiducia, emendamenti e aggiustamenti, tutto in presenza del Duce), ritira la fiducia al Capo del Governo. Nessun colpo di stato, il dittatore prende atto e di persona porta il documento al Re. Il Regno d’Italia è salvo, svolta verso la fine dell’alleanza con Hitler e verso l’adesione agli stati in guerra contro Germania ed Italia. Il Re fa arrestare Mussolini, nessuno sa dire fino ad ora se per poterlo consegnare ai suoi nuovi alleati o solamente per sottrarlo all’influenza catastrofica di Hitler. Fatto sta che da un rifugio di massima sicurezza, affidato alle cure dei Carabinieri, Mussolini viene prelevato dai Tedeschi e messo a capo di uno stato di nuovo conio, la Repubblica d’Italia detta anche Sociale, che dichiara guerra all’Italia con le tragiche vicende che conosciamo.

Il fascismo muore definitivamente con i morti di Dongo? Finita la guerra, i nuovi alleati lasciano liberi i nuovi partiti italiani di decidere se mantenere in piedi la monarchia o instaurare la repubblica. Il 2 giugno 1946 si vota per eleggere un parlamento, che avrà anche funzioni e garanzie di assemblea costituente, qualunque sia l’esito del referendum (Monarchia o Repubblica) contestuale alla elezione. I “sinceri democratici” non vogliono accettare la mia “versione”: che a determinare l’esito a favore della Repubblica furono gli abitanti della Repubblica Sociale di Salò. Basta guardare i risultati nelle zone tenute dal Re e in quelle occupate dai tedeschi e rette dal governo Mussolini. L’esito incontrovertibile è:La Repubblica nasce per il voto determinante delle aree ex Repubblica di Salò. Per la scelta repubblicana furono determinanti i voti di chi aveva qualche conto da regolare con il Re.

Mentre l’Assemblea Costituente era al lavoro, a Parigi la Conferenza della Pace (dalla quale si allontanò il rappresentante italiano Pietro Nenni quando si rese conto che non tirava buona aria per farci salire sul carro dei “vincitori”) scriveva il famoso articolo 15 delle clausole generali: “L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà di espressione, di stampa, di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione”.

Prontamente l’Italia riprese letteralmente il “senza distinzione” e scrisse l’articolo 3 della Costituzione “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Con riguardo al fascismo, l’art. XII delle Disposizioni Transitorie e finali dispone “E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, de disciolto partito fascista”. Eventuali limitazioni temporanee al diritto di voto e di eleggibilità ai capi responsabili del regime fascista sono possibili “non oltre il quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione”.

Chi oggi o domani, perse le elezioni, sogna di poter abbattere chi le ha vinte invocando la Costituzione in nome di una qualsiasi opinione politica, viola la Costituzione stessa che invece garantisce per tutti la massima libertà di opinione e di manifestazione di opinioni politiche passate, presenti e future.

L’unico campo di battaglia per confrontarsi e sperare in vittorie e sconfitte è la libertà. L’assetto liberaldemocratico disegnato dagli esiti della seconda guerra mondiale e dalle alleanze stipulate poi (Alleanza Atlantica, Unione Europea) non consente a qualsivoglia maggioranza di impedire il nascere, l’organizzarsi e l’attività di qualsivoglia partito politico. Meno che mai è rappresentabile una domanda al giudice di dichiarare contro la costituzione un eventuale partito che abbia vinto le elezioni lasciando a bocca asciutta chi era abituato a stare in sella. Diventerebbe automaticamente (ma involontariamente) difensore del fascismo chi osasse invocare l’ancora vigente TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) al quale mise mano il nostro conterraneo Capo della Polizia Bocchini nel 1938. E qualcuno potrebbe cadere sotto il “divieto dell’esercizio del mestiere di ciarlatano”, previsto dall’art. 121.

Ogni riferimento alla situazione italiana dell’anno 2024 è puramente intenzionale.

MARIO PEDICINI