Auguri di “Buon Secolo” cari, vecchi lecci In primo piano

Cento sono gli anni che quegli alberi fanno mostra di sé nei giardinetti contigui al Palazzo del Governo, oasi di verde pubblico nel centro storico di Benevento, ricavati (all’epoca) dell’apertura di una nuova strada.

Accennavo prima al “Palazzo” che in seguito è diventato Palazzo del Governo perché i giardini a cui mi riferisco sono la pertinenza di questa costruzione. Voluti per sistemare un ambiente prezioso,data la presenza di monumenti unici che sorgono nelle vicinanze. Cosicché credo sia rilevante che mi soffermi anche sull’importante contesto ove tutto ciò è stato costruito.

Tutto iniziò nel 1893 quando il Consiglio Provinciale affidò al progettista arch. Pietro Quaglia l’esecuzione di questo inconfondibile edificio di stile “umbertino” per farne la sede della Provincia e fu nell’intenzione dell’ideatore realizzare qualcosa di grandioso, di conforme alle passate glorie della “Terra Sannita” ed all’inclita stirpe che la rappresentava. D’altra parte non fu cosa altrettanto facile attribuire a questa imponente struttura la destinazione d’uso. Dapprima si pensò di adibirla a sede della Prefettura, ma dopo circa 24 anni, dalla prima pietra, al tempo della sua consegna fu decretato che dovesse essere destinato a sede della Provincia, ma soltanto negli anni “30 fu deciso la sua ultima destinazione quella di un Ufficio Territoriale del Governo.

Questo destino travagliato del più appariscente palazzo pubblico di Benevento che vide succedersi in questo quarto di secolo (tanto durò la sua costruzione) più ingegneri, dopo cinque anni infatti morì il firmatario del progetto il già citato arch. Quaglia e il suo successore ing. Raffaele Canevari solo dopo due anni raggiunse il primo (all’altro mondo), poi fu la volta dell’ing. Spera, ma toccò di dire la parola fine all’arch. Nicola Briglia.

In tutto questo tormentone “fin de siecle” ed inizio secolo quelle due aiuole, intermezzate da una nuova strada, che aveva il compito di unire il nuovo Corso Garibaldi alla via SS. Salvatore (oggi via Stefano Borgia) venivano previste in tutte le varianti al progetto originario e di sistemazione degli spazi urbani circostanti. Anche quando la sua parallela allora denominata “via del Fico” cambiò denominazione e assunse il nome di “via Principe Umberto”, (oggi via Umberto I) perché rappresentava il prolungamento dell’allora “Piazza Principe Umberto” (oggi Piazza Santa Sofia) agorà nota per aver subìto attraverso gli anni ben cinque cambi di nomi e chissà se tutto ciò è terminato. Certo nella nostra cittadina il terremoto è di casa e non solo quelli tellurici.

Continuiamo la storia e le considerazioni sui due contenitori di piante, ma soprattutto dei nostri riveriti lecci che quest’anno compiono il centenario. C’è da osservare che l’Amministrazione Pepe vuol portare una modifica su gran parte dell’attuale sistemazione, realizzando, una variazione al progetto originale che, saprà di finto, di artificiale, di adattato, di posticcio, insomma, perché no, di grottesco: sarà come se si volesse modificare un frac volendolo trasformare in giacca da passeggio.

Che dire poi quando, solo pochi anni orsono non solo si rabbercia la creazione di un’uscita di fortuna (nella fattispecie di sfortuna) alla Galleria d’Arte “ARCOS” trasformando una delle due aiuole, abbassandone l’altezza fino a quasi il livello di calpestio, facendola diventare da delizioso giardinetto che era, soltanto un banale contenitore di alberi, questo è stato un cattivo esempio imitato per l’appunto dal progetto della nuova sistemazione proposta dall’Amministrazione Comunale che ha decretato l’abbassamento anche della seconda aiuola pareggiandola alla prima.

Personalmente mi auguro che si ripensi, rima di intraprendere la nuova sistemazione urbana, poiché credo, che un solo deturpamento potrebbe bastare visto che i visitatori del suddetto spazio espositivo (di ARCOS), si imbattevano (fino a pochi mesi orsono) in quattordici contenitori di immondizia che allineati, all’uscita, (Napoli docet) addirittura sbarravano loro la strada. Ennesima bizzarria della passata Amministrazione Pepe.

Ente questo che direttamente interessato, rimase a lungo refrattario ad ogni sollecitazione a che questo sconcio fosse eliminato, ma finalmente solo quando le lamentele furono tante e autorevoli “l’impaccio” dei cassonetti fu rimosso.

Lasciamo la tribolata zona come tale e occupiamoci delle festeggiate piante dal legno estremamente resistente ed economicamente vantaggioso perché facilmente reperibile in quanto comunissimo nei nostri boschi, perciò molto usato sia in carpenteria che in falegnameria ove si eseguivano lavori artigianali addirittura artistici: tavoli, panche, casse per corredi, finanche mobili per arredare le chiese e quant’altro, scelto quindi dai nostri avi, dalla mentalità parsimoniosa e assennata, tanto che rappresentò per loro una vera panacea.

La presenza di questi alberi in città (la creazione di uno spazio verde al posto di uno costruito nel cuore del Centro Storico era certamente considerabile,pur nella sua limitata estenzione. Un’innovazione urbanistica di rilievo), fu quindi oltremodo gratificante e al momento della scelta si volle tener conto di tanti motivi, tra l’altro, che la sempreverde “quercus ilex” rappresentava una specie autoctona presso di noi oltre che esteticamente importante.

Oggi li vediamo lì presenti, mesti testimoni di tanti avvenimenti e tanti personaggi che si sono succeduti nel corso degli anni ed ecco perché dobbiamo loro rispetto, ossequio ed affetto, onorandoli come vecchi familiari, ma soprattutto bisognerebbe che sapessimo trasmettere questi sentimenti anche ai nostri discendenti, certamente ne ricaveranno una grande soddisfazione nel non più annotare riprovevoli esempi di scempi verso piante, monumenti e semplici edifici tali da provocare in noi soltanto moti di turbamento ed in alcuni casi di sdegno. Perciò sarebbe apprezzabile che anche la scuola si rendesse partecipe celebrando una festa ogni anno dedicata a quelle piante secolari, così come succede in tante città non soltanto d’Italia e rammentando a tutti il significato di tale atto.

Mi auguro che nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale,volta sempre alla tutela del Patrimonio Storico e monumentale della citta’,non baleni l’idea dell’alterazione di un’ ambiente che anche attraverso le foto d’epoca, è storia di Benevento.

GIANNI DELL’AQUILA

 

 

Altre immagini