Fermare le migrazioni o fermare la storia In primo piano

Siamo al quarto ed ultimo, o penultimo, articolo sul fenomeno migrazioni che ho tentato di analizzare sotto vari aspetti e prospettive: aspetti economici, geopolitici ed umani, partendo dall’esperienza di una provincia appenninica, che in un secolo ha subito l’emigrazione di un numero di persone superiore al totale degli abitanti di oggi.

Un problema molto vasto, troppo vasto e differenziato, viste l’ampiezza e la profondità delle questioni e tematiche che il fenomeno migrazioni oggi alimenta in tutto il mondo, creando il caso di come bloccare le partenze dalle coste nord-africane. Come respingere i cosiddetti clandestini, come spingerli oltre le Alpi dirottandoli verso le coste adriatiche di altre nazioni. Come isolarli in centri di raccolta o ai margini delle nostre aree urbane. Come utilizzare e sfruttare la loro disponibilità lavorativa…

In questi ultimi due mesi, mentre mi accingevo alla compilazione di questi articoli tentando, tra l’altro, di ascoltare le interpretazioni e le preoccupazioni dei lettori che hanno avuto esperienze personali e familiari in campo migratorio, mi sono dedicato a varie letture e riletture nella mia corposa e disordinata raccolta di rassegne stampa, nonché di qualche interessante libro sulla materia migrazioni. Ne cito qualche titolo: Maledetti confini (J.Crawford), Migramorfosi (F. Pastore), Storia dell’immigrazione straniera (M. Colucci), Il secolo nomade (G. Vince), Welfare meridiano (A. Moretti).

Le migrazioni non vanno viste come il male del secolo, sebbene quando si svolgono in forma clandestina ed incontrollabile non possono non preoccupare il Governo oltre che irritare la gente. Si pensi al caso della città di New York che subisce l’arrivo settimanale di oltre quattromila migranti, ormai non più fisicamente ospitabili, che rappresentano il più grave problema odierno per il sindaco di quella metropoli.

Vi è chi sostiene e documenta che l’Italia, per soddisfare il mercato del lavoro, nel triennio 2023-25 abbia bisogno di 833 mila ingressi di lavoratori dall’estero. Ma è proprio esatto questo calcolo? Va comunque fatta una distinzione tra migranti economici, bellici, socio-politici e climatici. Soprattutto le forti crisi atmosferiche e geoidrologiche provocheranno nei prossimi decenni un movimento di miliardi (!!) di persone dall’una all’altra parte del pianeta.

Per avviare una considerazione non contingente dovremmo analizzare tutte le cause della fuga di tante persone, ed in particolare di quei bambini che incomprensibilmente vengono abbandonati in un viaggio fatto di percorsi rischiosi con destinazioni incerte. E dovremmo chiederci perché quei bambini vengono spinti a fuggire, senza la protezione del genitore, verso un approdo ignoto ma comunque diverso e meno insicuro della propria terra d’origine.

Quando una donna, come madre incinta, arriva ad avventurarsi in un pericoloso viaggio, vuol dire che in quel luogo di partenza non vi è più nulla da salvare; non più nulla da vivere e condividere. Questa è l’impressione che si può trarre se si passa almeno un’ora in un Centro di prima accoglienza, come quello di Morcone.

Ed allora, che si tratti di minori, o di donne incinte, che fuggono da guerre e miserie, o di uomini in cerca di lavoro, o di famiglie che si allontanano da disastrosi cambiamenti climatici, non possiamo guardare a questo fenomeno soltanto dalla posizione di chi vuole accogliere rispondendo ad un sentimento di solidarietà umana. Occorre convincersi che anche i nostri piccoli paesi domani, ma già oggi, hanno bisogno dell’apporto di quei migranti e non solo perché possessori di forza lavoro, ma anche perchè bambini che possono rianimare un territorio e ripopolare le scuole. E non dobbiamo sottovalutare il contributo che i lavoratori immigrati possono dare alle finanze dell’INPS ed il sostegno di vario tipo che esclusivamente le donne immigrate possono assicurare alle persone anziane e disabili.

Con questo vorrei dire che chi parla genericamente di respingimento all’arrivo e di impedimenti alle partenze, dimostra non solo di non saper leggere il passato ma anche e di non saper immaginare il futuro. Si vuole, allora, fermare le migrazioni o fermare la storia?

I migranti vanno razionalmente accolti, e non senza preoccupazione, e ripartiti tra Paesi e continenti; ben distribuiti sui territori di approdo, senza enfatizzare gli accordi bilaterali, come quelli con la Libia e con l’Albania, che già nei decenni decorsi hanno dato pessimi risultati.

Vorrei chiudere con le parole usate dal sindaco di Chianche, che rivolgendosi ad Angelo Moretti disse: “Angelo, aiutami a portare qui nuove persone che vengano ad abitarci. Aiutami ad aprire un centro per la buona accoglienza” (Pagina 185 del libro Welfare meridiano).

Quel sindaco ci ha detto che per non fermare la storia non possiamo fermare le migrazioni.

ROBERTO COSTANZO