I genitori: maestri e discepoli dei propri figli. In primo piano
Questa affermazione potrebbe sembrare
strana se ci fermassimo a ritenere che solo l'adulto può
svolgere questa funzione che richiede determinati requisiti,
competenza, esperienza e conoscenze che il bambino non ha.
Ma in che modo l'adulto ha acquisito
queste conoscenze e queste esperienze?
Se ci soffermiamo a considerare che
etimologicamente il termine insegnare proviene da in e
signum, che significa lasciare un segno, trasmettere un
sentimento, un'esigenza, in interesse, una necessità, ci
accorgiamo che, poi, non è tanto azzardata quest'attribuzione.
Se così inteso il termine, il
figliuolo diventa maestro, perché consente al genitore di
apprendere quanto egli ha manifestato e di intervenire
conseguentemente.
Quindi, genitori e figli insieme
insegnano ed imparano per cui il famoso detto: Docendo discitur
può essere riferito ad entrambi.
L'atto educativo è la sintesi
dell'azione del maestro e del discepolo, fattori necessari per la
sua concreta realizzazione, perché insieme operano per il
reciproco miglioramento.
G. Gentile affermò che: Non
ha più senso, non ha più significato la
contrapposizione tra maestro e scolaro, perché il soggetto è
uno solo, pur nella molteplicità dei suoi atti.
Il maestro anima ed organizza le
attività promosse dal fanciullo e impegna al meglio le sue
capacità per rispondere in maniera adeguata e risolvere i
problemi.
I figli, così, diventano
indirettamente, involontariamente e inconsapevolmente maestri
in quanto inducono gli adulti ad imparare, ad aggiornarsi per
conoscere, affrontare e risolvere nel migliore dei modi i loro
problemi.
I primi alunni dei bambini sono proprio
i genitori e, in particolar modo, la mamma, specialmente quando è
alle prime esperienze!
Non possiamo disconoscere che molti
atteggiamenti, molte domande, apparentemente ingenue, ci inducono a
rivedere, a riconsiderare, a rafforzare o ad abbandonare un nostro
modo di risolvere un problema.
Tutto questo significa che abbiamo
ricevuto, attraverso quelle considerazioni, un vero insegnamento,
perché hanno lasciato in noi un segno che è diventato
un obbligo.
Proprio in questi momenti bisogna
essere maestri e discepoli dei propri figli che hanno bisogno di
aiuto e di comprensione, essendo la loro anima come una barchetta che
deve attraversare il mare di questo mondo, dove mille tempeste gli si
scatenano contro e minacciano di travolgerlo in rovina.
I genitori devono saper recepire i
segnali dei nuovi tempi attraverso un dialogo aperto, sincero,
libero, consapevole, fatto di scambio di idee e guardarsi negli
occhi.
Quante volte abbiamo sentito o
pronunciato questa espressione: Se avessi ascoltato mio figlio, se
fossi stato più attento a valutare quel comportamento.....!.
Essere discepoli dei propri figli
significa aver inteso nella maniera più giusta la missione di
essere genitori e di essere veri maestri.
Facciamo in modo che il figlio abbia
ancora il desiderio di un po' di amore, di una roccia su cui
poggiare il proprio futuro.
I genitori non debbono rifugiarsi nella
comoda espressione: E' tempo di crisi..., ma, piuttosto,
porsi queste domande:Ho fatto quanto era necessario, con senso di
responsabilità e competenza per evitare che ciò
accadesse? Il mio impegno è stato sufficiente per affrontare
la situazione e ad escogitare tutti i mezzi idonei per risolvere i
problemi? I miei comportamenti sono stati corretti in modo da
spingere l'altro ad operare con consapevolezza? Fino adesso in che
modo ho contribuito alla formazione dei miei figli?. Gli adulti
all'Ooh! dei bambini e allo stupore, provato per aver visto il lupo
baciare l'agnellino, non facciano corrispondere il Booh!,
perché, in tal caso, l'insegnamento non ha lasciato alcun
segno o, peggio ancora, un segno sì, ma diseducativo e
fuorviante per tutta la società!
Il Froëbel con molto realismo
affermava:I nostri figli saranno i nostri giudici!.
GAETANO COPPOLA