La causa degli avvocati Speranza ed Ostico ed il provvedimento del giudice Riservato In primo piano

Nel tribunale di Vattelapesca l’avvocato Speranza, approfittando del fatto che l’udienza si svolge alla presenza dei difensori delle parti e del giudice, - rarità nell’epoca post Covid e riforma Cartabia (in cui la regola è la sostituzione dell’udienza con il deposito di note scritte, anche se - forse per dimenticanza? - continua a coesistere con la precedente regola della trattazione orale), - dopo aver caldamente perorato la difesa chiede che si di decida la causa.

Signor giudice la mia assistita ha ottanta anni e prima di lasciare questo mondo vorrebbe vedere definita l’annosa questione che la contrappone ad alcuni familiari. Le reciproche posizioni sono chiare, così come il thema probandum ed il thema decidendum (pensa: il latinorum fa sempre effetto). Si deve soltanto decidere”.

Il collega avversario, l’avvocato Ostico, con difesa puntigliosa rimarca la sua posizione, ed arriva a trascendere l’umano palcoscenico del giudizio per debordare in astratti richiami filosofici, ma, richiamato con i piedi per terra dal giudice, concorda per la decisione oramai non più procrastinabile.

Il giudice Riservato, magistrato attento e scrupoloso, non vuole adottare un provvedimento avventato. Pertanto, ritiene di non emettere immediatamente l’ordinanza ma di farlo successivamente fuori udienza, anche in ossequio al suo cognome; appunto … riservandosi di adottarla.

Gli avvocati Speranza ed Ostico, sono presi dal panico. Subodorando il pericolo di una prorogatio ad infinitum insistono vivacemente per l’assegnazione in decisione del giudizio, mettendo in campo tutti gli argomenti spendibili e non; da quelli giuridici, ai paragiuridici, arrivando, addirittura, ai metagiuridici.

Niente. Nulla. Nisba. Nein.!

Il giudice non si smuove. Argomenta la sua decisione richiamando il carico di arretrato, l’esistenza di circolari interne per la gestione dei processi, la mancanza di mezzi, lo stato comatoso in cui versa la giustizia civile ab immemorabili, e via cantante.

Si vive in aula un momento di apprensione decisivo per la sorte del giudizio.

Infatti, il giudice Riservato ha fama di essere persona “riservatissima” nella vita privata e …, purtroppo, anche nel lavoro. Così il tempo per adottare i provvedimenti “riservati” (che, secondo il Codice di Rito, dovrebbero essere presi “entro i cinque giorni successivi”) si dilata a dismisura, cambiando spesso stagione.

I colleghi Speranza ed Ostico, vista l’impossibilità di sfondare la linea gotica dell’assegnazione a sentenza della causa, da buoni avvocati pensano di evitare la guerra di trincea di una ordinanza … riservata, e passano al piano B.

Intavolano con il giudice una trattativa per l’individuazione di una prossima udienza in cui finalmente assegnarla in decisione. Pensano: meglio una data certa che un provvedimento dal tempo incerto.

Finalmente si trova la quadra e si individua la data. Solo fra …. un anno. E’ andata bene pensano gli avvocati Speranza ed Ostico.

La tensione si stempera, il clima si rasserena, il giudice e gli avvocati si scambiano qualche battuta mentre completano la scrittura del verbale.

Dietro la balaustra che divide la zona riservata al pubblico da quella degli “addetti ai lavori” una arzilla Signora ha seguito (l’ennesima) udienza. Al termine, si dirige verso il giudice Riservato e dice: “Signor giudice buon giorno. Sono la Signora Assunta Aspirazione, assistita dell’avvocato Speranza. Volevo ringraziarla”.

Il giudice Riservato, fra imbarazzo e curiosità, risponde: “Buon giorno Signora, Perché mi ringrazia?”.

Perché lei mi ha augurato un altro anno di vita”.

Si gira, saluta tutti e se ne va.

E’ Lei la protagonista di una commedia dal sapore amaro degna del miglior Pirandello.

Chapeau!

UGO CAMPESE