Per non dimenticare In primo piano

Presso il teatro Vittorio Emanuele, grazie all' iniziativa dell'associazione di volontariato culturale dell'Università degli Studi del Sannio, UMANITAS, la nostra città ha assistito alla testimonianza di un personaggio unico nella storia : Shlomo Venezia. Nato a Salonicco, Grecia, (1923), di origine ebraica e cittadino italiano, Shlomo Venezia è un deportato sopravvissuto all'internamento nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau. Durante la prigionia fu obbligato a lavorare nei Sonderkommando («unità speciali»), squadre composte da internati e destinate alle operazioni di smaltimento e cremazione dei corpi dei deportati uccisi mediante gas.

Tali squadre venivano periodicamente uccise per mantenere il segreto circa lo svolgimento della «soluzione finale della questione ebraica» (il sistematico sterminio del popolo ebraico). Venezia è uno dei pochi sopravvissuti - l'unico in Italia, una dozzina nel mondo - di queste speciali squadre e ha raccolto le sue memorie in un libro pubblicato nell'ottobre 2007 a cura dell'editore Rizzoli dal titolo Sonderkommando Auschwitz. Come ebbe a dire Primo Levi , deportato presso il campo di Auschwitz III - Monowitz e autore di Se questo è un uomo, l'istituzione di queste squadre speciali rappresentò il più grave crimine del nazionalsocialismo, perché le SS cercarono attraverso il Sonderkommando di scaricare (o quantomeno condividere) il crimine sulle vittime stesse.

Shlomo Venezia, dopo la liberazione, divenne tra i più importanti portavoce della tragedia dell'Olocausto. Ospite in trasmissioni televisive, nelle scuole, nelle manifestazioni a ricordo della Shoah, egli rivolge il suo interesse ai giovani come portavoci futuri dell'immane tragedia che si abbatté sull'Europa tra il '40 e il '45. Sua è questa toccante testimonianza:

«Altre volte mi hanno chiesto se qualcuno sia mai rimasto vivo nella camera a gas. Era difficilissimo, eppure una volta una persona è rimasta viva. Era un bambino di circa due mesi. C'era una mamma che stava allattando questo bambino. La mamma era morta e il bambino era attaccato al seno della mamma.» L'incontro, che si sarebbe voluto programmare in occasione della giornata della memoria, è stato di estremo interesse per ogni fascia di età, per ogni classe sociale, per ogni grado gerarchico, per ogni orientamento politico, per ogni credo religioso,... In quel momento tra le mura del maestoso teatro Vittorio Emanuele non si stava inscenando uno spettacolo, ma veniva raccontata la vita. E di fronte a simili verità ogni spettatore si è sentito attore, ogni ruolo era uguale all'altro, ogni individuo recava in viso la stessa espressione e ognuno è diventato immagine riflessa dell'altro, perché l'umanità, per quanto varia, è formata da persone uguali, non dimentichiamolo mai.

Non dimentichiamo mai cosa ha generato il fanatismo di reputare una razza superiore all'altra, non dimentichiamo mai le innumerevoli morti che l'odio razziale ha spietatamente provocato.

MARIASERENA PELLEGRINI