La signora e il re della penna Società

Benevento è famosa nel mondo per il liquore Strega, i torroni e la pasta Rummo, prodotti nati dall’intraprendenza e dalla tenacia della gente sannita, ma come pochi sanno tra questi indiscussi protagonisti dei mercati nazionali e internazionali figurano a buon diritto anche le penne di prestigiosi marchi, legati al nome di una donna beneventana e a quello di suo marito che, anche attraverso l’opera del figlio, seppero con tenacia affermarsi nel settore fino a raggiungere fama mondiale.

Quest’appassionante storia inizia agli inizi del Novecento in una delle modeste abitazioni di Vico II Bagni affacciate sul Calore, dove nascono i figli di Anna Olivieri e di Vincenzo Vitiello, di professione marmista, che però moriranno entrambi ancora giovani e - mentre Bernardo proseguirà a Benevento l’attività paterna - le piccole Anna, Carmela e Giuseppina verranno invece accolte in casa dello zio materno Giuseppe Olivieri titolare di un negozio di penne stilografiche in Viale Regina Margherita a Milano.

Nata a Benevento nel 1916, Giuseppina arrivò nel capoluogo lombardo ancora ragazzina e, per rendersi utile, ben presto iniziò ad aiutare lo zio in bottega finché vi conobbe Leopoldo Tullio Aquila, figlio di un rappresentante di stilografiche, che ben presto divenne suo marito. Subito dopo il matrimonio i giovani sposi, con appena 1500 lire in tasca, presero un treno di terza classe e arrivarono a Napoli dove, con i pochi risparmi residui, aprirono un’attività in proprio, al civico 7 di una strada nei pressi della stazione che, caso strano del destino, si chiama Via Milano.

I primi tempi, con la guerra che era alle porte, furono durissimi, eppure Leopoldo e Giuseppina non si persero d’animo, tant’è che mentre lei badava alla casa in Via Milano 13 e al negozio attiguo, lui girava in tutto il sud Italia come rappresentante delle stilografiche Aurora, pur avendo iniziato sin dal 1938 anche a realizzare penne con il marchio Lalex - fondendovi le sue iniziali con lex a significare che l’azienda era basata anzitutto sull’onestà - e producendo inoltre in proprio sia inchiostri e sia la Super Penna Aquila. Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale Giuseppina, già madre della piccola Gabriella, ripara nella più sicura Benevento ove nel gennaio 1943, mentre è intenta a preparare una lasagna, nasce il secondogenito, all’anagrafe battezzato Giovanni ma sempre chiamato familiarmente Gianfranco, cui seguiranno Giuseppe (morto prematuramente a 14 anni) e Silvana.

All’unico erede maschio toccherà quindi, negli anni a venire, l’onere di studiare e, nel tempo libero, fare apprendistato al negozio, dove Giuseppina aveva un ruolo fondamentale: «Mamma» - ricorda infatti egli stesso - «era stata la persona che più aveva dato a mio padre: aveva fatto il lavoro pesante in modo silenzioso e senza clamore. Curava le spedizioni, faceva i pacchi per i clienti, e insegnava agli altri come fare. Nel reparto spedizioni faceva da sola il lavoro di due persone e si divertiva anche a fare le gare; era un fulmine.

All’età di 13 anni, finite le medie, ricorda ancora Gianfranco: «papà mi disse: “Che lavoro vuoi fare da grande? Ti do una settimana di tempo per pensarci”. Alla sera avevo già pronta la risposta: il tuo».

Leopoldo e Giuseppina, assieme ai figli, andarono poi a vivere a Portici mentre negli anni seguenti l’azienda crebbe al punto da rendere necessario il trasferimento in locali più grandi, dapprima a Corso Umberto, poi a Piazza Mercato e, infine, in un grande stabilimento nel quartiere Agnano anche grazie all’acquisizione del celebre marchio Montegrappa (1982), prima fabbrica di stilografiche nata in Italia e con sede in Veneto.

A segnare una dolorosa battuta d’arresto - soprattutto sul piano personale e familiare - sarà però la scomparsa di papà Leopoldo (1983) e, quattro anni dopo, quella di mamma Giuseppina, tenace e intelligente imprenditrice beneventana che, dice ancora Gianfranco, «ha lavorato fino alla fine con senso di dovere e responsabilità e non abbiamo mai saputo di quale male fosse morta. Era vissuta nell’ombra del marito e con lui se n’era andata».

Finita un’epoca, e ormai nel pieno della globalizzazione industriale, nel 2000 Gianfranco Aquila vende la Montegrappa alla Compagnie Financière Richemont leader mondiale del lusso e detentrice di marchi prestigiosi quali Cartier e Montblanc, tornando a produrre stilografiche nella terra d’origine dapprima ad Agnano e poi a Pastorano (Caserta), finché nel 2009, trascorsi nove anni tra struggenti nostalgie, la ricompra e si trasferisce nel Veneto, a Bassano, dove «nessuno mi ha mai dato del terrone… pur essendo nativo di Benevento...provincia di Parigi», chiosa scherzosamente per un’intervista a Stefano Lorenzetto per «Il Giornale».

Oggi Aquila è alla guida di un’azienda leader mondiale nel settore (suo anche lo storico marchio Tibaldi) ove ha riproposto la collaudata formula del team a gestione familiare appreso dai genitori, lavorando accanto alla moglie Diana e a due dei suoi tre figli che, non a caso, si chiamano Leopoldo e Giuseppe - come la mamma e il papà - mentre tra i soci figura Jean Alesi e, tra gli estimatori e utilizzatori abituali dei suoi prodotti, Nicolas Sarkozy, David Grossman, Antonio Banderas, Bill Cosby, Lucio Dalla, Mohammed Al-Fayed, Gianni Agnelli, Michael Jackson, Paulo Coelho, Valerio Massimo Manfredi, Boris Eltsin, Sylvester Stallone e finanche Giovanni Paolo II.

Le sue sorelle Gabriella e Silvana sono rimaste a vivere a Napoli, ma lui al sud non tornerebbe pur non rinnegando di certo le proprie origini: «qui vivo bene e là no. Sono un dissociato, ecco. Ma quando sento una canzone in napoletano, ancora piango, c’è poco da fare … piango anche perché a Napoli due sono buoni e otto sono balordi. Mentre in Veneto otto sono buoni e due sono balordi…Ho sputato sangue e speso soldi a palate per radicarmi in Campania e ci ho aperto non una, bensì due fabbriche, ma alla fine ho dovuto desistere…I veneti lavorano di più, non c’è alcun dubbio su questo… basti considerare solo come viene chiamato il lavoro nella mia regione: ’A fatica. Già la parola t’induce a non lavorare. Però se in Campania imparano a far bene una cosa, dopo un po’ si mettono in proprio: hanno questo orgoglio, questo gusto per la sfida».

Oggi Aquila è l’indiscusso «Re della penna» così come sua madre ne era stata a lungo la «signora» e Benevento – che gli diede i natali – non ha mai dimenticato questa famiglia, tant’è che ha intitolato una strada al fratello di donna Giuseppina, Bernardo Vitiello il quale, nato il 29 agosto 1908, proseguì l’attività del genitore precocemente scomparso gestendo una ditta artigianale e artistica nel settore della lavorazione di pietra, marmi e affini in Via Torre della Catena, ove realizzò varie opere tra cui la statua della Madonna Immacolata per una piazza di San Giorgio del Sannio (1954), il monumento a Manfredi e Dante sul Ponte Vanvitelli (1962) e, dopo la ricostruzione postbellica, il colonnato del Duomo di Benevento, ove morì il 23 marzo del 1979.

A Gianfranco Aquila, insigne imprenditore che quest’anno ha festeggiato il 70° compleanno, la città natale non può far mancare gli auguri più sinceri e, assieme all’affettuoso ricordo dei suoi familiari, è orgogliosa di annoverarlo nell’albo degli illustri sanniti.

ANDREA JELARDI

ajelardi@virgilio.it 

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