Così trent'anni di Internet hanno cambiato la nostra vita Società

Poche settimane orsono, il 30 aprile scorso, è caduto il trentesimo anniversario del primo collegamento ad internet avvenuto in Italia. Era infatti il 1986 quando alcuni scienziati del CNR di Pisa si collegarono agli Stati Uniti tramite la rete. Nessuno allora poteva immaginare che la scintilla accesa quel giorno si sarebbe tramutata nel fuoco inestinguibile in cui viviamo trent’anni dopo: l’introduzione di internet ha modificato radicalmente le vite di tutti.

Ma facciamo un salto all’indietro e proviamo a ricostruire com’era la vita in quei giorni, quando la rete era ancora una tecnologia nota solo a pochi studiosi. Erano i giorni in cui l’Italia e l’Europa intera erano pieni di preoccupazione per l’incidente avvenuto in una centrale nucleare a Chernobyl, in Unione Sovietica. Si temeva che la nube radioattiva, spinta dal vento, potesse raggiungere il nostro paese. In molti allora si precipitarono nei supermercati per fare scorta di latte a lunga conservazione e di altri prodotti, temendo che i terreni e quindi i prodotti agricoli e via via tutta la catena alimentare potessero essere contaminati dalle radiazioni. In tv eminenti esperti raccomandavano di non mangiare determinati cibi, quali i funghi e la lattuga.

All’epoca la televisione era il mezzo di comunicazione più veloce ed immediato: su ogni televisore erano sintonizzati sei canali nazionali ed una manciata di reti locali. La pay tv non esisteva, quindi quando un film era trasmesso in prima visione, era realmente la prima volta che andava in onda. Gli appassionati di calcio che volevano seguire le partite della serie A avevano un’unica alternativa allo stadio: ascoltare la radiocronaca di Tutto il calcio minuto per minuto. La Juventus aveva appena conquistato il suo 22° scudetto (e qui le cose non sembrano molto diverse da oggi), grazie anche ai gol del suo asso francese, Michel Platini, mentre la Nazionale si apprestava a disputare i Mondiali in Messico.

Poco più di due mesi prima, Eros Ramazzotti aveva vinto il Festival di Sanremo. Poco meno di due settimane dopo, avrebbe preso il via il 69° Giro d’Italia, che i giornali e le tv avrebbero seguito con grande interesse.

Già, i giornali. A quei tempi, i quotidiani erano stampati in bianco e nero e le fotografie erano di bassa qualità, tanto che, avvicinando gli occhi alle pagine, si potevano distinguere chiaramente i puntini che componevano le immagini.

Il telefono era uno solo, quello di casa. Quando si era fuori e si voleva fare una telefonata, bisognava trovare un telefono pubblico: allora ce n’erano quasi ad ogni angolo di strada, il problema piuttosto era sperare che non fossero occupati, magari da persone impegnate in lunghe conversazioni. E naturalmente, chi voleva telefonare da una cabina doveva munirsi di gettoni. Nelle case erano frequenti i litigi tra genitori e figli e tra fratelli e sorelle sull’uso del telefono, dato che ogni famiglia disponeva di una sola linea telefonica.

Per andare in vacanza, si prenotava presso un’agenzia di viaggi. Chi partiva in macchina aveva bisogno di una cartina stradale, spesso delle dimensioni di un lenzuolo. Chiedere informazioni ai passanti era altamente consigliato, soprattutto in località poco frequentate.

Se il mondo attuale è completamente diverso da com’era trent’anni fa, nel bene o nel male, in buona parte è dovuto all’invenzione che allora giunse nella nostra penisola, timidamente e senza farsi notare, ma che nel giro di poco più di un decennio sarebbe diventata più che uno strumento, quasi un compagno (a volte anche una maledizione) e della quale oggi non sapremmo più fare a meno.

Saluti dalla plancia,

CARLO DELASSO

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