Le opere del 1700 fanno rivivere la Passione di Gesù a Lapio Chiesa Cattolica

Lo scorso 22 aprile, Venerdì Santo, sono stato invitato a Lapio (Av) per tenere sette catechesi sulla Passione di Gesù nei vari rioni del paese seguendo la processione di Gesù morto e dell’Addolorata, alla presenza del parroco mons. Aurelio Capone, del sindaco prof. Ubaldo Reppucci, di una moltitudine di fedeli del luogo e di tanti venuti dai paesi limitrofi.

Un’esperienza indimenticabile ed unica. Sulla piazza centrale del paese erano collocate ben 22 “tavolate” raffiguranti i personaggi e gli eventi più significativi del dramma umano-divino che ha coinvolto il Figlio di Dio.

In sequenza: vendita di Gesù per trenta denari, Gesù mostra alla Madre gli strumenti della Passione, lavanda dei piedi, ultima cena, Gesù in preghiera nell’Orto degli Ulivi, cattura di Gesù, Gesù dinanzi al sommo sacerdote Anna, pentimento di Pietro, Gesù dinanzi a Caifa, a Pilato, ad Erode, la flagellazione, la coronazione di spine, l’ “Ecce Homo”, Gesù incontra la Madre, l’incontro con la Veronica, l’impiccagione di Giuda, Giuda e Gesù: male spregevole e bene divino, la spoliazione di Gesù, la Crocefissione, la morte di Gesù e la deposizione.

Da queste opere di cartapesta, sotto la spinta di un forte istinto teatrale, la gente di Lapio ha voluto che il dramma di Cristo si svolgesse puntualmente nella Settimana Santa di ogni anno. Le 22 tavolate, comprendenti le 85 statue dei Misteri, risalgono alla seconda metà del 1700 prima dell'anno di grazia 1777, anno del Regio assenso di Ferdinando IV che istituì le sorelle dell'Addolorata, la cui statua fu fatta quando furono fatti i Misteri.

Immaginiamola questa compagnia di personaggi di cartapesta, imballati dentro grosse cascie, avvolti nella paglia, coperti di ela impeciata, in viaggio su una carovana di carri trainati da pazienti cavalli attraversare le vie sterrate e acciottolate di allora, infrangendo il silenzio di campi disabitati con lo stridente cigolio dei cerchioni.

Chi era l'artefice? La domanda ricorre insistente. Quasi che quelle statue di cartapesta, che quelle impressionanti personificazioni dei Misteri, così umane nelle forme, nelle sembianze, nelle fattezze anatomiche, dovessero avere per forza una progenitura, un'appartenenza familiare e una precisa data di nascita. Da un antico documento, sottratto all'oblio da Fiorenzo Iannino, si ha conferma della fattura napoletana dei Misteri e della loro commovente funzione.

Il documento contiene la supplica rivolta nell'anno 1840 da Tommaso Statuto, priore della congrega di Santa Maria Maggiore del Comune di Lapio, all'intendente della Provincia del Principato Ulteriore per invocare una degna collocazione e una definitiva sistemazione dei Misteri.

“Corrono già sei lustri - rammenta lo Statuto - dacché detta Congrega mossa da una viva devozione fece formare in Napoli in cartapesta i simulacri della Passione di Gesù Cristo sì al vivo che fin da principio richiamò in detto Comune il concorso del popolo da più lontani Comuni per venerare sì bella e commovente funzione in ogni Venerdì Santo non potendo fare ammeno di non disfarsi in lagrime per la tenerezza e per lo dolore nel mirare tali divini Misteri”.

Immaginiamo quanto succedeva una volta: l'uscita miracolosa delle tavolate, ad una ad una, portate a spalla con l'ausilio delle forcine dai devoti di Lapio, sotto le imponenti arcate del castello e l'incontro dei fascinosi Misteri con un concorso di popolo, fremente nell'attesa, pronto a disfarsi in lacrime di tenerezza e di dolore. I Misteri provengono, dunque, da scuola napoletana. Una scuola d'arte sacra, dove un odore acre di colla, di carta e di colori già faceva presentire un’ambientazione di chiesa e di sacrestia.

Tanto diversa da quella scuola di bottega che produceva pastori di presepe. Le botteghe dei pastori si trovavano dentro le case e aperte sulla via. E i pastori ne uscivano come impressionati da un tepore di focolare, da una movimentata vivacità di vicoli, somiglianti ai tanti personaggi già visti e incontrati per via, zampognari, acquaioli, osti, mercanti... ripresi in momento di fiduciosa speranza, di serena quiete, quasi che la nascita del Bambinello Gesù fosse capitata proprio là, tra quella gente, per corrispondere, ogni anno, alla voglia popolare di rinascita, di ricominciare daccapo. Tra tanta preponderante umanità potevano apparire sminuite, rimpicciolite le figure sacre di Maria, di Giuseppe e del Bambino Gesù, accantonate, nella vastità del paesaggio, in un angolo di grotta. La chiesa della Madonna della Neve, con la sua confraternita, è stata per Lapio un centro di cultura e di emancipazione dai poteri medievali, capace di mantenere i contatti anche con lapiani d'America che, nei primi decenni del 1900 avevano formato a Boston una compagnia teatrale per spettacoli religiosi. L'incasso diventava rimessa d'emigranti, spedito a beneficio della chiesa di Maria Santissima della Neve a Lapio in Italia.

Quando la costumanza del teatro sacro degli attori di Lapio s'affievofi fino a svanire, per effetto dell'invadente scetticismo moderno, ma soprattutto per la brusca interruzione dell'ultima guerra, ecco, allora, sono rimasti questi sacri Misteri di cartapesta a presidiare il campo delle antiche tradizioni, ad assicurare il ritorno, l'eterno ritorno, delle meravigliose scene della Passione di Cristo, tenendole con ostinata tenacia ferme, fissate sulle tavolate.

A Lapio, in forma esuberante e coinvolgente, si esprimono le profonde radici cristiane del nostro Paese e il dolore di tutti, interpretato drammaticamente da Cristo nella sua dolorosa Passione, si apre alla primavera della speranza nella luce folgorante del Risorto. Nel Sannio e nell’Irpinia, come in ogni angolo d’Italia, nonostante le difficoltà di questo momento storico, la fede è viva!

Pasquale Maria Mainolfi

Altre immagini