Benedetto Bonazzi e Nazareno Cosentini. Fede e politica a Benevento agli inizi del Novecento Cultura

Il primo decennio del Novecento a Benevento fu caratterizzato da un’intesa tra politica e altare che si concretò nelle due figure simbolo di quegli anni: l’arcivescovo Benedetto Bonazzi (foto di apertura) ed il sindaco della città Nazareno Cosentini (foto in basso).

Benedetto Bonazzi nasce nel 1840 a Marigliano da nobile famiglia ed è figura di insigne grecista. A lui si deve, tra l’altro, un importante Dizionario greco-italiano. Oltre che eminente uomo di Chiesa, egli è anche abile uomo politico, insieme, appunto, al Cosentini, di area conservatrice, e di Luigi Basile, socialista. Interessato a preservare il primato della Chiesa, Bonazzi è protagonista di una vita intensa e attiva, che emerge chiaramente dai suoi scritti e dalla sua produzione pastorale. Egli è attento, negli anni difficili e complessi in cui si trova ad operare, di una recisa opposizione all’avanzata del Modernismo, da lui stesso definito: «Una fresca e speciosa erbetta, gustosa a brucarsi ma contenente nelle fibre delicate il più insidioso veleno» ed è in prima linea a difendere le posizioni che portano papa Pio X ad attuare la riforma della Chiesa, che in quegli anni è oggetto di svariati attacchi proprio da chi dovrebbe sostenerla e difenderla.

L’attività pastorale di Benedetto Bonazzi è proficua e intensa, poiché tutti i paesi e le parrocchie della sua diocesi sono oggetto delle sue visite, svolte sempre in spirito di umiltà e di servizio, tanto che, quando si rende necessario, per mancanza di vetture, egli le raggiunge perfino a piedi. Questo fervore contraddistingue la sua persona anche in età avanzata. Vero pastore di anime, egli esorta i sacerdoti ed i fedeli ad essere sempre vigilanti, sia sul fronte spirituale, per cui raccomanda otto giorni di esercizi spirituali, sia sul fronte organizzativo, cioè proprio allestendo tutto l’apparato che deve servire alla vita liturgica. Riordina le parrocchie, rinnova la formazione del clero e dei seminari, fonda l’Istituto Biblico per gli studi della Sacra Scrittura, approva le dodici costituzioni ecclesiastiche, diffonde ovunque l’Azione Cattolica, riorganizza il seminario diocesano di Benevento. Nel 1903 Bonazzi nell’abbazia di Loreto-Montevergine convoca la Terza Conferenza Episcopale Beneventana, cui partecipano tutti i vescovi diocesani, confrontandosi su temi quali la formazione del clero, la stampa cattolica, l’azione cattolica. Insomma, una figura volitiva e instancabile, sempre attenta ai contenuti della formazione e dell’azione del clero. Un pastore dolce ed accondiscendente, ma mai debole; mite, ma non remissivo.

In questi anni nasce a Benevento l’Associazione Democratica Cristiana, di ispirazione cattolica, e prendono vita nuove iniziative, quali l’Unione Agraria Cooperativa Benedetto XIII, le Casse rurali, le Leghe di operai e agricoltori, nonché il Primo Congresso della Gioventù Cattolica del Mezzogiorno, che si svolge a Benevento nel 1908. Conservatore convinto, Bonazzi fa suo il motto: «Extra ecclesiam nulla salus».

Sono anni pieni di fervore. In questa temperie, nel 1914 si svolge il Primo Convegno delle Donne Cattoliche per la provincia ecclesiastica Beneventana. Lo stesso arcivescovo si occupa di questioni femminili e ne scrive nel 1908 su La Settimana, anche se, benché favorevole all’ingresso della donna in società, egli continui a vederla come “angelo del focolare”, avente l’uomo come suo perno sociale, economico, politico e religioso.

La sua preoccupazione principale rimane piuttosto la fede, che va sempre più affievolendosi in un’epoca di secolarizzazione. La fede, invece, deve essere al primo posto nelle preoccupazioni dei sacerdoti, ma anche e soprattutto della famiglia, che deve avviare ad essa i propri figli. Il tipo di sacerdote che il vescovo Bonazzi ha in mente è quello di un sacerdote umanizzato, sempre pronto a diffondere la parola di Dio, a sostenere, a confortare le persone che si rivolgono a lui. Anche perché un’epoca come quella, densa di avvenimenti e banco di prova per le coscienze degli uomini, ha bisogno di sacerdoti di questo tipo. Bisogna comunque sottolineare che a Benevento, come nel resto del Sud Italia, non è ancora di moda l’idea un prete sociale, in quanto secondo Bonazzi il presbitero ideale è una figura dedita alla funzione sacramentale, ancora distaccata, pertanto, dai problemi e dalle angosce umane. Una concezione di distacco dal mondo che persiste in pieno modernismo. Infatti il clero beneventano dell’epoca è precipuamente attento alla cura delle anime, ma non riesce ad interpretare le condizioni del popolo e ad apportarvi dei miglioramenti. In questo, anche la figura di Bonazzi, conservatore per antonomasia, è lontana dall’idea di un intervento ecclesiastico nella vita sociale, anche se, dall’altro lato, egli dimostra aperture al mondo moderno, ma sempre per riaffermare il primato della Chiesa. Infatti, Bonazzi si prodiga anche sul fronte politico, spesso intervenendo fortemente nella sfera pubblica.

A tale riguardo sono noti i suoi rapporti di cortesia e di amicizia con Nazareno Cosentini, il quale ha la meglio nella competizione elettorale con Luigi Basile, proprio perché presentato dall’arcivescovo come suo candidato. Va sottolineato che Cosentini non fa parte dello schieramento cattolico, pur essendo cattolico, ma è di area liberale, e di questa farà parte per sempre.

A monte vi sono reciproci accordi tra Bonazzi e Cosentini. Il sindaco, infatti, durante il proprio mandato, assicura all’arcivescovo una serie di elargizioni: equipara le scuole religiose a quelle pubbliche, impone l’insegnamento religioso nelle scuole, scioglie alcune amministrazioni anticlericali in vari paesi del beneventano. Una parte dell’opinione pubblica loda il comportamento di Cosentini come propositivo e corretto. Un’altra parte stigmatizza l’avidità del personaggio, che ha prostituito la propria coscienza ai preti, come scrive il periodico “La Fiaccola”, e che ha le mani in pasta ovunque, come afferma invece Il Lavoro, organo dei socialisti del Mezzogiorno e poi della federazione socialista sannita nel 1909. Cosentini è, infatti: sindaco, segretario della Camera di Commercio, presidente del Monte dei Pegni Orsini, presidente della Scuola Industriale, poi deputato e presidente della Provincia. Si parla di conflitto di interessi ma anche di disonestà e irregolarità nella gestione amministrativa. Per esempio nella gestione degli appalti, nell’aver trasformato una piazza pubblica in patrimonio privato, nell’avere donato alle suore Orsoline un palazzo di proprietà del Comune.

Nel 1913 Cosentini cita in giudizio il suo antagonista Basile per diffamazione. Un processo dal quale il primo esce pulito ed il secondo condannato. In quella occasione, monsignor Bonazzi è ancora una volta al fianco di Cosentini, come testimonia una vignetta dello Sharpnel. Tutte le accuse e le illazioni sulla vita privata e pubblica di Cosentini ne fanno un martire, tant’è vero che sulla stampa dell’epoca egli viene soprannominato il Nazzareno, con accostamento a Cristo per il percorso di calunnie, processo, sacrificio, martirio di cui è protagonista.

Mentre il giornale satirico Il Fischietto titola una delle sue vignette L’adorazione del Nazzareno, il giornale più autorevole di tutti, Gazzetta di Benevento, di solito moderato, in quell’occasione si schiera apertamente per il Cosentini (cfr. n. 14 dell’11 marzo 1909).

Fatto sta che l’alleanza tra la Curia e il Comune si fa così stretta che è facile che nell’immaginario collettivo le figure di Bonazzi e di Cosentini divengano intercambiabili. Molti giornali umoristici mettono in luce questa intercambiabilità: il Me ne infischio, Il Giudizio universale, La Fiaccola, Mosca Cavallina. Il Me ne infischio addirittura presenta un Catechismo beneventano dove si sostituisce la figura di Dio con quella del sindaco di Benevento, mentre La Fiaccola ne I tentacoli del Nazzareno presenta il sindaco come la nuova incarnazione della Trinità. Ma ci sono molte altre vignette satiriche e articoli di questa specie riguardanti la sua figura.

Ma l’exploit dei rapporti tra i due emerge in occasione della costruzione della basilica della Madonna delle Grazie, Regina del Sannio. I giornali dell’epoca riportano di un accordo sottobanco tra Bonazzi e Cosentini. Si racconta, cioè, che Bonazzi, per evitare alla Curia un salasso per la costruzione, abbia accollato le spese a Cosentini, ma in cambio abbia ceduto un’area vicino alla basilica per il deposito dei carri funebri comunali. È la goccia che fa traboccare il vaso. L’opinione pubblica, ma anche parte degli ambienti della Curia, non digeriscono che la chiesa della Regina del Sannio sia ridotta ad un deposito per i carri funebri ed auspica al più presto la fine di un decennio di clientelismo e di favoritismi.

L’idillio tra Bonazzi e Cosentini è destinato a terminare quando sulla scena compare la questione del “Monte dei Pegni”. Bonazzi intenta un procedimento contro il Comune di Benevento, destinato a trascinarsi per dieci anni, per rivendicare la proprietà di tale istituto, che il Comune ha espropriato nel 1861. Una richiesta appoggiata anche dalla popolazione di Benevento, stanca di vedere la sequela di commissari che ne assorbono le rendite e certa che invece, nelle mani dell’arcivescovo, il patrimonio sarà amministrato a dovere.

Il Comune sulle prime avversa le richieste del Bonazzi, ma alla fine deve cedere, anche perché il Tribunale di Benevento ha emesso una sentenza che pone nella proprietà della Curia arcivescovile tale istituto di credito, a condizione che Bonazzi rendiconti annualmente al Municipio di tutta la gestione, del bilancio e degli utili.

Lo spettacolo che si presenta agli storiografi è quello di una vita politica locale clientelare ed asservita all’interesse di pochi, e di una Arcidiocesi asservita alle amministrazioni comunali per ottenere qualche beneficio. Gli accordi tra Bonazzi e Cosentini servono ad entrambe le parti per ricavarne vantaggi. A Cosentini per sbarazzarsi degli avversari politici e per presentarsi come persona onesta e affidabile. Al Bonazzi per mettere fuori gioco il socialismo basiliano e per tutelare gli interessi della Chiesa, tenendola lontana dalle spinte autonomistiche, anche se, sostanzialmente, egli non si intromise mai direttamente nelle faccende politiche del Comune e dell’amministrazione di Cosentini, rimanendone semplice spettatore.

LUCIA GANGALE 

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