I bombardamenti del 1943 a Benevento Cultura

Un tuffo al cuore. Il ricordo lancinante dei bombardamenti del 1943 a Benevento è riesploso letteralmente dalla interessantissima mostra sul tema allestita nel Chiostro di Santa Sofia. Enzo Gravina ed Ettore Melisce hanno ricordato a chi visse quei tremendi momenti, attraverso sconvolgenti foto ( alcune inedite) e interessanti, preziosi reperti, il tempo di guerra: le tessere annonarie, i fogli di richiamo alle armi, le esaltanti medaglie e le esaltate cartoline di propaganda contro il nemico anglo﷓americano (quel nemico che divenne, poi all'improvviso alleato, liberandoci dai tedeschi... non prima però di averci inondato di bombe micidiali. Le bombe, i grappoli di bombe, rasero al suolo il duomo, la stazione centrale, i bei palazzi di corso Vittorio Emanuele e le povere casette dei vichi Bagni, tutta la zona intorno alla cattedrale e l'ospedale San Diodato. Qui trovarono il beffardo bis della morte nel crollo dell'edificio i ricoverati che non ce l'avevano fatta a sopravvivere alle gravi ferite riportate nelle precedenti incursioni. Gravina e Melisce hanno, poi, offerto un ricordo filmato, ottenuto dall'archivio Luce. Sulle note di un'allegra marcetta d'epoca, che suona come un'amara sghignazzata, scorrono i fotogrammi apocalittici del piazzale disastrato della stazione centrale e della vicina, contorta stazione 'Valle Caudina'. Si scorgono, poi, soldati alleati, col tipico elmetto, al lavoro per sgomberare dalle macerie qualche strada onde consentire il passaggio ai loro colleghi seduti come marionette sui camion. Forse quei militari andavano a "liberare"... per sempre, dopo il nostro Duomo e la chiesa di Santa Maria Costantinopoli, l'Abbazia di Montecassino. Le riprese aeree della martoriata Benevento sono agghiaccianti: macerie, macerie, macerie. In coda all'allucinante cortometraggio 'Luce', corredate da foto significative, i due 'antiquari bellici', Gravina e Melisce, hanno ripreso le illuminanti testimonianze di alcuni 'sopravvissuti': il preside Antonio Pietrantonio, il dottor Lamberto Ingaldi, il dottor Marcello Traglia, le signore Romano e Cirocco, il geometra Renato Cangiano e il prorompente ristoratore Antonio Moscopio. Sensazioni cocenti. Ricordi incancellabili: il deflagare delle bombe, il fuggi fuggi dalla città nei paesi vicini, nelle campagne del circondario, oppure nelle gallerie ferroviarie. Per i più piccini soprattutto il ricordo della fame. L'ex sindaco Pietrantonio, allora di appena sei anni, va con incredulità alla grande abbuffata che un giorno coi suoi familiari riuscì a farsi con la pasta frantumata che suo fratello maggiore riuscì a raccogliere, ai bordi del sinistrato pastificio Rummo, insieme a calcinacci e chicchi di grano. Anche il piccolo Antonio collaborò a liberare dai detriti gli spezzoni di pasta prima della loro cottura... senza condimento e senza neppure il sale assolutamente introvabile. E nei giorni successivi, la solita erba tipo verdura e un grappolo d'uva semiacerba addolcita da qualche fico non proprio maturo. Ne sa qualcosa il simpatico Antonio Moscopio, scugnizzo alla perpetua ricerca di frutta quasi sempre ancora acerba da sgraffignare dai campi del vicinato.. Poi, finalmente, venne il pane bianco ma poco saporoso delle truppe d'occupazione e venne anche l'orripilante, salatissima 'polvere di piselli'. Dopo ci arrangiammo coi cappotti 'fatti' con le coperte militari color cachi e le camicie ricavate dai candidi, trasparentissimi paracadute. Che tempi! Che ricordi!... Bravi gli autori della mostra﷓revive a farci 'rivedere' quei tempi! La brevità del tempo a disposizione e forse (?) anche la scarsezza dei mezzi finanziari concessi non hanno consentito ai due ricercatori di dare alle stampe una pubblicazione con una carrellata di foto, tessere annonarie, lire d'occupazione, documenti vari e, magari, la bibliografia ( a partire da Salvatore De Lucia, Alfredo Zazo, eccetera) di quanti fino ad ora hanno 'raccontato', anche fotograficamente, quegli anni di guerra a Benevento. Auguri di poterlo fare prossimamente. Magari l'anno prossimo. Clemente Cassese