Sibilla de Afflicto a Benevento tra medici arabi ed ebrei Cultura
Possibile che, per curare la propria salute, i Beneventani del Medioevo fossero tutti in balìa di intrugli di fattucchiere e incantesimi contro il malocchio? Fino a quando continueremo ad accontentarci di storielle inventate e ripetute fino alla noia? Eppure, una gran quantità di testi scritti e scene miniate nei codici testimonia che in Europa e nel Medio Oriente la scienza medica analizzava il corpo umano, si interrogava sulle cause dei malanni, raggiungeva nuove possibilità di controllo, allungava la durata della vita media. Ma a Benevento nessuno ne parla. Si ignora che lo spartiacque tra arti magiche e medicina, tracciato già in età longobarda, secoli VI-XI, venne approfondito fino al Cinquecento senza bisogno di mettere al rogo presunte streghe. Studiare la salute dei beneventani nel Medioevo e nei secoli successivi apre prospettive intriganti. Perché non lasciarsene affascinare?
A Benevento i depositari delle conoscenze di medicina e farmacologia erano arabi ed ebrei in stretta collaborazione, residenti o in transito continuo verso Roma. Alla metà del secolo IX operava fra gli altri qui in città il medico arabo Aharon hen ha-Nassi, proveniente dalla Scuola Medica di Babilonia a sud di Baghdad oggi in Irak, autore di indagini di anatomia, interventi chirurgici, lezioni, saggi. Alla produzione di farmaci provvedeva soprattutto la comunità ebraica, di cui nessuno ha mai studiato la consistenza, la multiforme cultura, le metodologie scientifiche, l’intraprendenza a dimensione internazionale. Nella Benevento medievale quasi tutti gli speziali (farmacisti) erano ebrei, con laboratori e botteghe nel loro quartiere a sud del Piano di Corte. Tra essi vari esponenti della famiglia Piperno fin dal secolo XII. Gli ebrei beneventani erano in relazione con la Scuola Medica fondata a Salerno dalla locale corporazione di medici. Lì si insegnava anche in lingua ebraica.
Quando poi l’Università partenopea separò definitivamente l’attività farmaceutica da quella medica, avvenne una generale riorganizzazione. Il fenomeno appare in pieno processo evolutivo nelle fonti letterarie del Due e del Trecento, che segnarono ulteriori raggiungimenti della medicina. Fondamentali notizie contiene l’Obituarium dello scomparso Monastero di Santo Spirito, un codice della Biblioteca Capitolare di Benevento risalente all’anno 1198 in attesa di analisi moderne. I documenti d’epoca riportano nomi di medici beneventani di cui non si è mai parlato: Goffridus medicus e Petrus magister medicus (1277), Diamante magister medicus e Iohannes de Diamante de Benevento (1306-1307) che dall’Università di Napoli ottenne licentiam curandi et praticandi in scientia medicinae, e poi Simone (1316-1317), Pietro Donzello (1317-1318), Tommaso de Tommaso Sociale (1337-1338) e numerosi altri.
Soltanto maschi? Nient’affatto! Sorprendentemente spunta tra loro il nome di una donna. Si chiamava Sibilla de Afflicto attiva tra il 1338 e il 1339, l’unica beneventana finora nota come “medica” nel Medioevo. Dove si era formata? Dove praticò la sua professione facendosi conoscere tanto da tramandare il proprio ricordo fino a noi? Probabilmente nella scuola napoletana di “magister Iohannes de Tocco medicinali scientie doctor”, scienziato sannita da Tocco Caudio che tra il 1295 e il 1300 per incarico regio esaminava e abilitava i candidati all’esercizio della professione medica. Nonostante l’assonanza tra le afflizioni umane e la professione di Sibilla de Afflicto, ritengo che il suo cognome sia da connettere al termine latino medievale filictum cioè felceto, un terreno coltivato a erbe curative. Diffuso ancora oggi nel Sud Italia, quel cognome sembra rimandare ad un estratto di felce da lei prodotto, usato come antiparassitario contro la tenia o verme solitario.
Perciò, da Sibilla de Afflicto sarebbe interessante partire per esplorare la formazione scientifica e il ruolo delle donne nel Medioevo beneventano. Tali studi non sono per nulla affrontati. Basti pensare che nessuno ha mai sottolineato l’importanza dei provvedimenti in materia di salute adottati dalle autorità civiche di Benevento: gli Statuti della Città (Cap CX e seguenti) conservati nella Biblioteca Capitolare arrivarono finalmente a stabilire nel 1440 che le levatrici potessero uscire di notte anche senza lume per accorrere in soccorso delle partorienti.
Dedicare a Sibilla de Afflicto ‘medica’ del Trecento una istituzione o una strada della città onorerebbe con lei tutte le donne beneventane professioniste della medicina di quei secoli.
Nella Benevento medievale peraltro non ci si curava soltanto in casa o in studi privati. Anche i frati dei monasteri benedettini, in rapporto con i centri culturalmente più avanzati, studiavano medicina e farmacologia e curavano malattie gravi. Preziosissimo è un atto notarile del 3 agosto 1211 da me scoperto nell’Archivio dell’Abbazia di Santa Sofia a Benevento, nel quale si fa espressa menzione dell’infirmarium, un vero e proprio ospedale medievale attivo nel monastero. Da un paio di secoli la città era ormai passata al potere papale, ma le attività medico-chirurgiche dell’infirmarium sofiano proseguivano ad ampia dimensione territoriale, regolate perciò con monete ‘estere’ come i tareni amalfitani e i romanati d’argento del circostante Regno normanno-svevo.
Dopo essere stata per cinque secoli una capitale di stato, Benevento non era ancora ridotta a periferia culturale se nel 1452 Aronne Manuele, maestro di medicina ebreo abitante qui in città svolgeva la sua professione di “phisica et cirurgia” in tutto il Regno di Napoli.
ELIO GALASSO