A volte ritornano d'attualità Società

Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”: bastava uno spunto banale a Giacomo Leopardi per immaginare un dialogo filosofico-esistenziale tra un venditore di almanacchi ed un “passegere”. A qualcuno di noi, molto più modestamente, basta uno spunto di cronaca per evocare vecchi ricordi.

Un partito in città ha svolto il suo tesseramento. Un momento importante per contare la partecipazione dei simpatizzanti alla stessa dialettica politica in quel partito. Si è partiti da cifre già cospicue: “Siamo a tremila tesserati!” – “Superata ogni aspettativa dei responsabili nazionali!”. Ma, poi, il tutto è ingrossato repentinamente: “Siamo a cinquemila tessere!” – “Abbiamo superato quota settemila!!” – “Record inaspettato: diecimila!!!”. Ma sì!! Noto da sempre che le cifre sono sempre assai rotonde: mai un pignolesco “Abbiamo 9.327 tesserati” oppure un approssimativo “Siamo al di sopra delle novemila tessere”. No: bisogna essere incisivi (diecimila suona assai bene, lo dobbiamo ammettere).

Una volta, gran parte dei tesserati spesso non sapeva nemmeno di essere tesserato. Si prendevano i nomi da famiglie, conoscenti e amici degli amici degli interessati : vale a dire i politici locali o aspiranti tali. In qualche caso anche i morti risultavano tesserati! Una volta: oggi forse è diverso.

Una volta, i costi del tesseramento ricadevano sugli stessi politici locali (o aspiranti tali). Tizio comprava un “tot” di tessere, Caio, che era più ambizioso o forse danaroso, ne comprava il doppio, e via dicendo. Il normale cittadino, che già per andare a votare “gratis”, è piuttosto pigro, lo è ancora di più se deve muoversi, andare al partito, tesserarsi, magari pagare la tessera, poi tornare a qualche assemblea e magari votare per gli organi politici presenti sul territorio. Una volta: oggi forse è diverso.

Una volta, chi nel partito “aveva” più tessere, le metteva sul piatto della bilancia del proprio prestigio personale. Si pretendeva – a buona ragione apparente – di essere più presente sul territorio, meglio valutato dai cittadini nei confronti del rivale politico interno. E, magari, se ne ricavavano gli auspicati benefici: la nomina in lista in tempi di elezioni, la designazione a rappresentare il partito in qualche ente, meglio se dotato di ricca prebenda annessa. Una volta: oggi forse è diverso.

Una volta, quando un partito portava i tesserati al voto per stabilire in fondo chi doveva “comandare la situazione”, ne succedevano di tutti i colori. Si presentava a votare Tizio, che invece era Caio, si facevano gli scrutini all’acqua di rose e i piccoli o grandi brogli erano quasi la regola. Tutto per far primeggiare la propria corrente, il proprio candidato di riferimento. Una volta: oggi forse è diverso.

I miei ricordi parlano anche di risultati elettorali “veri”molto diversi da quelli auspicati nella conta delle tessere. Quasi mai i parlamenti locali o nazionali si sono costituiti in proporzione alle attese delle tessere.

Almanacchi, almanacchi nuovi…”

LUIGI PALMIERI