Cafè do Mar: un giallo che appassiona Società
Un giallo per chi non ama il giallo, un romanzo che riesce ad affascinare anche chi non è particolarmente avvezzo alla narrativa e, soprattutto, un libro che come pochi si legge senza fatica, risultando avvincente e ricco di suspense come un bel film. Questa, in estrema sintesi, è l’impressione più immediata che suscita Cafè do Mar - vizi e delitti di gente perbene, opera prima di Vincenzo Maria Brizio appena pubblicata nella collana thriller di Giovane Holden Edizioni e nata da un lungo lavoro di meditazione e perfezionamento, oltre che da una grande passione per la scrittura finora esercitata solo saltuariamente e nei settori più disparati, eppure arricchita da esperienze e stimoli multiformi di formazione, di studio e di vita particolarmente avventurosa.
Nato a San Lorenzo Maggiore il 29 ottobre 1952 da Alfonso, stimato medico di distinta famiglia locale, e da Maria Giordano, Vincenzo Maria Brizio si definisce orgogliosamente figlio del Sannio, «terra avara e fiera, impastata di sudore e di sangue» che porta sempre nel cuore assieme ad uno dei suoi più celebri prodotti -il vino tipico della zona d’origine - della tanto da essere diventato negli anni Ottanta un esperto enologo: dal 1988 al 1992, infatti ricopre importanti ruoli in una delle più antiche e prestigiose case vinicole del Chianti Classico Senese, quindi opera come consulente commerciale e di marketing per le maggiori realtà agroalimentari italiane e nel 1995 fonda «Prosit!», una delle primissime testate giornalistiche on-line dedicate al Buon Bere, scrivendo contemporaneamente da free-lance articoli e redazionali pubblicati dalle più qualificate riviste del settore enologico.
La sua passione letteraria e la cultura poliedrica, invece, hanno radici altrettanto profonde negli anni giovanili quando, dopo gli studi classici compiuti a Salerno e poi a Roma, s’iscrive alla Federico II di Napoli frequentandovi la facoltà di Medicina e successivamente quella di Giurisprudenza finché, attratto dall’ignoto e dai viaggi più che dall’anatomia e dai codici, abbandona l’università e per alcuni anni se ne va in giro per il mondo, dalla Sierra Leone agli Stati Uniti facendo poi ritorno in Italia, inizialmente a Milano, come dirigente di una multinazionale tedesca e quindi in Toscana dove, dopo una breve esperienza nel settore della moda, inizia come si è detto un percorso tra vino e scrittura mettendo a frutto l’indole di giallofilo con parecchi racconti “mistery” e “noir” fino a cimentarsi nel suo primo vero romanzo.
Proprio come in un film, nelle pagine di Cafè del mar si intrecciano tre storie: quella di un medico cui un incontro casuale al tavolo di un bar di Alicante segnerà per sempre la vita, quella di un potente boss calabrese disseminata di vendette e omicidi, e infine, quella di Beppe Cernò, brillante promotore finanziario romano rovinato dal gioco d'azzardo e finito dapprima nelle grinfie di usuraio trasteverino senza scrupoli, e poi minacciato dalle ambizioni un trader rampante e in carriera che arriverà sul punto di scoprirne gli ingenti ammanchi causati sui conti della società. Queste vicende geograficamente lontane e apparentemente indipendenti tra loro, si ricongiungeranno però nel finale in una scia di sangue, tra misteriosi omicidi inaspettatamente imbastiti dal filo sottilmente maligno del destino e sui quali indaga il commissario Elfo Chiaravalle, con l'ingrato compito - come ogni giallo che si rispetti - di stanare l’assassino.
A Vincenzo Maria Brizio, autore sannita orgoglioso delle proprie radici, vanno i migliori auguri di meritato successo per la sua opera prima.
ANDREA JELARDI
ajelardi@virgilio.it