Chatbot: addio scrittori, autori e giornalisti Società

Un giorno diventeremo inutili, perché il nostro lavoro verrà svolto dalle macchine. Questa frase circola dai tempi della rivoluzione industriale, ma nel corso degli ultimi due secoli il timore di essere sostituiti da macchinari industriali, robot e poi software ha coinvolto un numero sempre maggiore di lavoratori nei più disparati settori. Ebbene, se fino a poco tempo fa almeno noi giornalisti e scrittori credevamo che il nostro turno non sarebbe mai arrivato, ecco che dobbiamo ricrederci: Chat GPT è il programma che rischia di rendere inutili coloro che fanno della scrittura il loro mestiere.

GPT è la versione più evoluta di chatbot finora esistente. Un chatbot, se non lo sapete, è un programma in grado di scrivere e dialogare autonomamente online con una persona. I chatbot sono dotati di un repertorio più o meno vasto di risposte programmate, ma sono pur sempre dei software ed in quanto tali è piuttosto facile per un utente rendersi conto dopo pochi scambi di battute se sta conversando con un programma o con una persona in carne ed ossa.

GPT invece è un sistema molto più avanzato: il suo repertorio di frasi è virtualmente illimitato poiché è in grado di apprendere ed imitare diversi stili di scrittura, adeguandosi all’argomento di cui deve trattare. Può quindi scrivere ogni forma di testo: saggi, romanzi, poesie, canzoni, articoli di giornale, discorsi, pièce teatrali e molto altro.

Questo programma è stato realizzato da OpenAI, un laboratorio di ricerca americano che studia da anni l’intelligenza artificiale. Poiché non è il parto di un’azienda di software, il team di informatici che ha ideato GPT ha pensato di pubblicarlo in rete in forma open source: dallo scorso novembre è perciò a disposizione di tutti gratuitamente. Per gli scienziati infatti nulla è più utile dello studio sul campo delle applicazioni pratiche. Trattandosi di un’intelligenza artificiale in grado di apprendere, quanto più viene utilizzata, maggiori sono i margini di miglioramento che si possono raggiungere.

Ma quali sono le applicazioni pratiche di GPT? Come ho già detto, le più svariate. Tanto per fare un esempio, un noto programma televisivo in onda su Rai2 in seconda serata ha usato GPT come autore ed il risultato ha lasciato i telespettatori favorevolmente colpiti: non si notano differenze tra una puntata scritta dal bot ed una scritta dagli autori umani.

Ma è nel campo accademico che ci si aspetta un uso estensivo di GPT: il chatbot è in grado di svolgere non soltanto ricerche scolastiche o temi, ma addirittura di scrivere per intero tesi di laurea e pubblicazioni universitarie. E qui entriamo in un terreno minato: come faranno i docenti a distinguere un elaborato prodotto da GPT da uno scritto da uno studente? Il problema è serio se pensiamo che già ora nel mondo universitario sono fin troppo numerosi quelli che riescono a farsi strada sfruttando il lavoro altrui. Ma smascherare un plagio è senza dubbio più semplice che svelare l’opera di un software concepito proprio per scrivere come un essere umano.

Ecco quindi che le macchine, dopo aver alleggerito gli uomini dai lavori più faticosi, sono giunte ad insidiare anche ciò che avevamo sempre creduto fosse prerogativa esclusiva dell’essere umano: il lavoro intellettuale. Vi saluto sperando di poter continuare a scrivere questa rubrica anche in futuro senza essere rimpiazzato da un chatbot.

CARLO DELASSO