Dire vaffanc... non è reato Società

Era ora! Finalmente possiamo mandare affanc... consiglieri e assessori comunali, provinciali e regionali, sindaci e presidenti vari, parlamentari e ministri, anche in pubblico, senza tema di incorrere in un reato penale che potrebbe costarci la casa, l'automobile, i mobili, ecc. Lo ha sentenziato e, quindi, sancito la Corte di Cassazione a conclusione di un lungo processo per oltraggio intentato da un vice-sindaco contro un consigliere comunale che lo aveva mandato affanc... nel bel mezzo di una seduta consiliare pubblica. La Corte di Cassazione ha, infatti, osservato che la parola vaffanc... è ormai tanto comune e diffusa che ha perso la sua carica offensiva e può benissimo sostituire altre espressioni della lingua italiana sostanzialmente equivalenti nel significato. Da ciò discende, ovviamente, che le espressioni <> o << non mi rompere i c...>> che sostituiscono quella ormai obsoleta di <>, possono essere usate senza alcun timore di ripercussioni giudiziarie. La predetta sentenza della Cassazione, se sospettata di anticostituzionalità e portata all'esame della Corte Costituzionale, avrebbe certamente una sentenza favorevole. Infatti la Corte Costituzionale non potrebbe non fare il seguente ragionamento: <>.    
    D'ora in poi il cittadino può mandare affanc... il vigile urbano che lo sta multando, il capufficio che gli vuole affidare un incarico non gradito, l'utente che al suo sportello si lamenta di un qualche disservizio, ecc. ecc.
    Ai miei tempi, cioè ai tempi della Prima Repubblica, a nessun consigliere comunale sarebbe saltato in mente di usare un'espressione volgare, pubblicamente, all'indirizzo del proprio vice-sindaco. Anzitutto per rispetto del proprio ruolo pubblico, degli elettori che lo avevano votato, dell'istituzione di cui faceva parte, ma soprattutto per rispetto della sua persona. Una volta ci si teneva ad essere anche in privato ma soprattutto in pubblico una persona perbene, corretta, e non uno scostumato e un volgare. Se pure si fosse verificata una roba del genere, il tutto si sarebbe risolto nell'ambito della stessa seduta consiliare, con le pubbliche scuse rivolte dal consigliere al vice-sindaco, con l'accettazione delle stesse da parte dell'offeso, con un plateale pubblico abbraccio fra i due interessati e, magari, con una cenetta offerta all'assemblea dal consigliere impertinente o addirittura dal sindaco. Col proprio denaro, è chiaro!
    <>, direbbe Cicerone riferendosi alla Seconda  Repubblica.  

(Dal libro di Antonio Margherini, Attenti al lupo, gennaio 2008 per gentile concessione dell'autore).