Il Maresciallo Severino Zerrillo Società

Ho trovato questa storia quasi per caso, leggendone su di una rivista acquistata nel mio ultimo giro - che risale ai primi di novembre - nelle meravigliose Langhe, dove ho tanti amici e ricordi. La rivista che, non a caso, si chiama proprio ‘Langhe’, ed è editata dall’Associazione Culturale Arvangia (dove ‘arvangia’, nel dialetto piemontese, sta per ‘rivincita’) è stata acquistata (il numero 11) in uno stand librario che si trovava proprio al centro esatto dei locali mercati della terra, tra salumi, conserve, tartufi, vini pregiati, ortaggi e frutta. Come a dire che qui nelle Langhe è prassi coniugare il cibo del corpo con quello dello spirito.

Una sera, sfogliando la corposa rivista, vi trovo la storia del maresciallo Severino Zerrillo, e la leggo tutta d’un fiato. Mi dico subito, dal titolo e dall’immagine: ‘E’ originario delle nostre parti, anzi, sicuro è di Reino. Ha gli stessi lineamenti dei ragazzi di Reino che ho avuto al liceo a San Marco dei Cavoti e che facevano di cognome Zerrillo’. Non mi sbagliavo. E comincio a scorrere l’articolo (a firma di Mario Proglio), che inizia così: “Nella piccola caserma di Diano d’Alba arrivò quasi per caso. A priori il piccolo paesino di Langa era stato scartato; rintracciato a fatica sulle cartine geografiche appariva sperduto tra colline e vallate”.

Il maresciallo Zerrillo, sbarcato con la famiglia nelle allora povere Langhe, era nato a Reino, provincia di Benevento, ed era rimasto orfano di padre all’età di soli 9 anni. La sua era una famiglia numerosa, come quelle meridionali di un tempo. Aveva sei fratelli: Anna, Genoveffa, Michele, Peppino, Quirino e Antonietta, i quali, dopo la dipartita del padre, si erano dati da fare nella conduzione del piccolo podere familiare, che per la famiglia fu una salvezza nelle ristrettezze della seconda guerra mondiale. Michele diventò poi carabiniere a Verona, Peppino si arruolò in marina e Severino, su suggerimento di Michele, a 18 anni partecipò ad un bando di arruolamento nei Carabinieri. Il 6 settembre 1944 venne chiamato per il corso semestrale a Roma e terminò esattamente 10 giorni prima che finisse la guerra.

A Roma la situazione post bellica era caotica, ed in più operavano tre bande armate di delinquenti comuni: la banda del Gobbo, la banda dei Parioli e la banda del Quarticciolo. Zerrillo rimase a Roma fino al ’47 ed operò una decisa operazione di contrasto a tali bande, trovandosi anche in sparatorie faccia a faccia, come lui stesso ebbe a dire in un’intervista, aggiungendo che riuscirono a sgominarle solo grazie all’aiuto di inglesi ed americani che occuparono la città fino al ’49. Gli alleati fornirono 22 autoblindo corazzati dotati di tre mitragliatrici.

Zerrillo chiese quindi ed ottenne il trasferimento a Villafranca Veronese, poi a Verona, Brescia e Salò come specialista telegrafista. Si iscrisse alle scuole serali e poi al concorso per allievi sottoufficiali dei carabinieri. Per 850 posti vi erano 7000 partecipanti. Zerrillo si qualificò ventunesimo, aggiudicandosi il diritto di partecipare al corso. Promosso vicebrigadiere nel 1955, fu destinato ad Urgnano (BG). Inoltre, dopo dieci anni di fidanzamento con Antonia Cacciano, anch’ella di Reino, poté finalmente sposarsi. Le regole dell’arma un tempo non permettevano il matrimonio se non dopo aver raggiunto una certa età.

Dopo le nozze fu inviato a Soresina (CR), dove rimase per otto anni e dove nacquero i suoi figli, Antonio e Marcello. Maturata esperienza sufficiente per ottenere il comando di una Stazione, il brigadiere Zerrillo optò per Diano d’Alba, che era nella lista delle disponibili. Pare che sia stata la moglie Antonia a voler visitare il paesino delle Langhe. Fu un colpo di fulmine per tutta la famiglia. Con la splendida veduta sull’arco alpino con al centro il Monviso che si godeva dalla storica palazzina d’epoca che ospitava la caserma e la veduta a 360 gradi sulle colline di Langa, ricoperti da noccioleti e vigneti.

Dal 1964 al 1976, Severino Zerrillo fu comandante della Stazione dei Carabinieri di Diano d’Alba, cui apportò anche le migliorie indispensabili. “A Diano ho trascorso gli anni migliori della mia vita professionale e umana”, ricordava Zerrillo, che, da come leggiamo nell’articolo, ha lasciato un ottimo ricordo di sé: “Le prime persone del posto, incontrate casualmente, gradirono subito il fare schietto, spigliato e vigoroso di Antonia e la sobrietà del Brigadiere. In breve si sparse la voce che era arrivato il nuovo maresciallo e che portava con sé una bellissima famiglia. Con il suo carattere semplice, ma fermo, la sua voce pacata e rassicurante, con il suo grande equilibrio e la sua riservatezza il Brigadiere Severino Zerrillo seppe guadagnarsi la stima e la fiducia dei dianesi, da sempre un po’ schivi e scettici verso l’arma dei Carabinieri”.

Le azioni malavitose cui egli dovette far fronte riguardavano soprattutto i furti di bestiame, che gettavano nella disperazione gli allevatori. In tutto l’albese negli anni ’70 imperversava la banda Scarzello-Borgogno, esperta e imprendibile. “Con un’azione in borghese ed un rocambolesco inseguimento nei campi della piana di Govone il Brigadiere Zerrillo riuscì ad arrestare un componente della banda, da cui si poté risalire a tutti i complici”.

Un’altra volta il Brigadiere dovette vedersela con un toro infuriato che era scappato da una cascina tra Diano e Montelupo. Un manipolo di carabinieri e Zerrillo, che era a bordo di una moto Guzzi Falcone 500, dovettero incaricarsi di fermare il pericoloso animale. L’unica soluzione era quella di abbatterlo. E così fu. Il toro, infuriato, quando vide il brigadiere puntò dritto verso di lui. Senza neppure muoversi, il brigadiere sparò la raffica e lo abbatté all’istante. Poi ricordava: “Se avessi sbagliato o l’arma si fosse inceppata, le cose sarebbero andate molto diversamente”.

Per correttezza non accettava mai i doni che gli venivano offerti, e se accettava qualche invito a pranzo era per puro spirito di aggregazione o per rappresentanza istituzionale.

Conclude Proglio: “Per il paese (di Diano, Ndr) è stato una pietra d’angolo importante, un riferimento preciso”. E noi abbiamo avuto piacere di ricordare un sannita che si è distinto e si è fatto ricordare fuori dei confini della sua terra.

LUCIA GANGALE 

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