Il torrone si fa col miele? Società

Giustamente Elio Galasso denuncia il provincialismo di chi vuole a tutti i costi italianizzare ciò che, invece, ha più che nobili origini nel linguaggio dei secoli. Di esempi ce ne sono a iosa, sia che si guardi ai toponomi (nomi dei luoghi) sia che si guardi agli stessi cognomi.

I “cafoni di fuori” che giungevano in città chiedevano notizie del potente segretario dell'onorevole Vetrone, pronunciando Angelo Fagiolo, ritenendo Fasulo un evidente sconcezza dialettale. Il più formidabile appezzamento di terreno atto alla viticoltura e, quindi, al top dei vini rossi, posto tra Foglianise, Vitulano e Cautano,è pronunciato dai locali Carpenito. E' stato italianizzato in Carpineto. La contrada Ciardielli tra San Giovanni di Ceppaloni e Roccabascerana è stata ripulita in Ciardelli.

Dovendo spiegare al colto e all'inclita l'origine del torrone, il professor Galasso ha smontato subito la diceria pettegola della beneventanità dell'impresa. Né Benevento e né Cremona hanno inventato il torrone. Sono stati gli arabi ad inventare il succulento impasto e l'hanno chiamato qubbat. In Sicilia dicono cubaita, a Benevento si diceva cupeta.

Perché “si diceva”? Perché ci si vergogna a parlare come parlavano gli analfabeti. Se proprio vogliamo riecheggiare quel suono, lo si italianizzi in copeta. E così è stato. Ma così non deve essere. Il torrone a Benevento si è sempre chiamato, e deve chiamarsi, cupèta, con la e larga.

Ma con che si fa la cupeta? Gli arabi ci mettevano il miele, il bianco d'uovo e le mandorle. Mettevano a cuocere e ponevano l'impasto su una pietra, lo stendevano con un matterello, lo tagliavano a pezzetti, i quali venivano, poi, guarniti con strati di ostia sicché si potevano prendere tra due dita e portare alla bocca.

Da qualche anno Benevento si è inventata BenTorrone, una sorta di fiera popolare con casotti di legno lungo il Corso Garibaldi e più o meno rinomate aziende dell'italico suolo a proporre assaggi ed acquisti di leccornie varie.

Una fiera del torrone a Benevento dovrebbe garantire di per sé il consumatore-acquirente sulla genuinità del prodotto. Smentita l'ipotesi che Benevento abbia inventato il torrone, resta in piedi la sua storia torronara. Il fatto, cioè, che da secoli qui si è mantenuta la tradizione, poi perfezionata da artigiani ed industriali, di un prodotto fatto con ingredienti assolutamente naturali.

Vada per le mandorle spezzate (costano di meno), vada pure per le nocciole (costano di meno delle mandorle spezzate) ma per fare il torrone è indispensabile il miele. Senza miele non c'è torrone. Né basta che ci sia un po' di miele e un po' di zucchero, in percentuali altalenanti. Lo zucchero non ha nulla a che fare col torrone.

E invece...Basta leggere le etichette e ritrovare tra gli ingredienti il micidiale zucchero e talora non ritrovare affatto il miele.

Che fare? BenTorrone è un logo che unisce il prestigio del nome Benevento all'attesa di un prodotto di qualità. Gli organizzatori hanno il dovere di difendere la propria onorabilità imponendo agli espositori un disciplinare chiaro e preciso.

Ognuno è libero di comprare e mangiare ciò che vuole. Nessuno deve ritenersi libero di vendere ciò che non è. Questo vale per l'olio e per il vino, per il pane e la pasta, per il pesce e la carne.

Se non ancora è stato fatto, si avvii una procedura per la tutela del nome (e per Benevento non sarebbe male registrare anche il termine cupeta), ma si cominci ad opera dei produttori con un protocollo solenne nel quale si dica che il miele è l'ingrediente assoluto del torrone e che non sono ammessi zuccheri ed altri dolcificanti.

E BenTorrone diventi, quindi, una fiera del “vero” torrone. Non una sfilata di bancarelle, ma un momento di riflessione su possibili estensioni del consumo e, quindi, della commercializzazione di un prodotto che non è solamente atalizio. Una orsa del torrone durante la quale associazioni di albergatori e di operatori turistici contrattano con i produttori anche di altre nazioni la conclusione di forniture di lungo periodo.

Dimenticavo. Il miele lo fanno le api. Solo le api. Si può parlare, perciò, anche di apicoltura, di agricoltura. In una parola, di civiltà umana.

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it