La nostra identità ai tempi del computer Società

Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello si chiude con il protagonista, ormai privo di un’identità, che depone un mazzo di fiori sulla sua stessa tomba. Il tema dell’identità era molto caro allo scrittore e commediografo siciliano, ma chissà cos’avrebbe pensato di un rischio che, all’epoca in cui visse, non poteva ancora essere lontanamente immaginato. Sto parlando del furto d’identità.

Chiunque faccia uso di un computer, navighi in internet o magari abbia anche solo un cellulare o un bancomat saprà certamente cosa sono una password ed un pin: affinché soltanto il legittimo proprietario e/o intestatario possa avere accesso alla propria email o fare uso di un pc, di un telefonino o prelevare dei soldi presso uno sportello automatico, è necessario adoperare un codice numerico o una parola d’ordine; questi possono essere in alcuni casi scelti dall’utente, in altri vengono assegnati dal sistema che fornisce il servizio. Il furto d’identità avviene quando uno scaltro criminale, emulo tecnologicamente avanzato del celebre Fantomas, si appropria dei dati d’accesso di qualcuno per i fini più svariati, di solito per derubarlo.

Ma se si trattasse solo di un furto, la novità sarebbe limitata al mezzo con cui esso viene perpetrato. Come dire che i pirati del Seicento usavano le pistole a pietra focaia, mentre i ladri del futuro probabilmente avranno le pistole laser, ma in fondo il furto resta sempre un furto. Invece la peculiarità non è solo nel mezzo informatico, ma anche nell’oggetto stesso di cui il manigoldo entra in possesso: penetrando nel nostro pc, nella nostra posta elettronica o nel nostro profilo su di un forum o un social network, il lestofante dei nostri giorni non solo ha modo di leggere le nostre mail private, di curiosare tra i nostri documenti personali (foto, diari, filmini, collezioni di brani musicali o anche libri e film scaricati dalla rete), ma può addirittura spedire mail a nostro nome o presentarsi al nostro posto. Una prospettiva agghiacciante, se ci pensate bene.

Come difendersi da una tale eventualità? Perché al giorno d’oggi, molti di noi possiedono diversi account di posta elettronica, sono registrati su parecchi siti, a volte dozzine. E si presenta una difficile alternativa: scegliere ogni volta la stessa password per collegarsi ad ogni sito, oppure utilizzarne una diversa per ciascuno. Nel primo caso, il rischio è che, se qualcuno riesce a violare la password scelta, può penetrare immediatamente in tutti i siti che frequentiamo; nel secondo, invece, il problema maggiore sarà per noi tenere a mente tante password diverse.

Gli utenti più ingenui e sprovveduti scelgono come password il proprio nome, la propria data di nascita, o magari il nome del proprio coniuge o dei figli. Altri usano un po’ più di fantasia e magari optano per soluzioni che spaziano dal nome del primo cane avuto da bambini a quello dei personaggi fittizi più amati. Altri ancora fanno uso di complicate combinazioni di lettere maiuscole e minuscole e di cifre (poi però sono costretti ad annotare il tutto da qualche parte, a meno di non essere novelli Pico della Mirandola).

Insomma, ogni scelta ci espone a dei rischi: cos’è meglio, correre il rischio di subire infiltrazioni sgradite da parte di molesti ladri d’identità, oppure rendere la vita difficile a questi trasformisti cibernetici e poi finire per dimenticare la nostra stessa password? Male che vada, finiremo per deporre un mazzo di fiori davanti al nostro pc, come il pirandelliano Mattia Pascal.

Saluti dalla plancia.

CARLO DELASSO 

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