La politica come spazio temporaneo d'impegno, non come un mestiere Società

Presentazione del volume di Luigi Giorgi Giuseppe Dossetti. La politica come missione, Carocci Editore, promossa dal Laboratorio per la felicità pubblica, presso il Centro Servizi per il Volontariato di Benevento.

A portare i saluti agli ospiti e relatori, il consigliere del CSV Pasquale Orlando: Le attività di volontariato e sociali si dedicano molto al fare, ma spesso sono carenti di pensiero. La fase di trasformazione che stiamo vivendo, richiede una riflessione e, quella di stasera, è la giusta occasione per ′pensare′, attraverso l'esperienza di uno dei personaggi più importanti della Costituente italiana -quel testo che ancora oggi determina la vita civile del nostro Paese- ma è anche uno dei personaggi più rimossi, sia nella storia politica che nella storia della Chiesa, che in qualche modo è il luogo primogenito, generativo della sua esperienza culturale, politica e religiosa.

Ad introdurre i lavori Ettore Rossi, coordinatore del Laboratorio per la felicità pubblica: Abbiamo inteso offrire all'attenzione di quanti interessati, la figura di Giuseppe Dossetti, la cui storia e il cui pensiero può essere fonte d'ispirazione anche per l'oggi. Le diverse esperienze vissute da Dossetti sono contraddistinte dalla fedeltà e dall'obbedienza. Uomo capace di dialogo tra persone con orientamenti diversi. Questo gli ha consentito di raccogliere la stima di tanti in sede di Assemblea costituente. Un politico che si è impegnato per la democrazia sostanziale che garantisse soprattutto i diritti dei più poveri. Dossetti ha sempre guardato alla costruzione di un Paese più giusto e libero.

A seguire l'intervento di Argia Albanese, presidente del Movimento politico per l'unità Italia. È un libro interessantissimo, che ci testimonia tutta l'attualità della vita e dell'esperienza di Dossetti, che è sì una vita di una persona di fede, però protesa verso l'umanità, al servizio dell'umanità. Ed è sicuramente un esempio per chi fa politica oggi, particolarmente in questo momento di grande crisi in cui la politica è alla ricerca di senso e di una nuova dimensione etica. Ha concluso i lavori l'autore, Luigi Giorgi, coordinatore delle attività culturali dell'Istituto Luigi Sturzo, che abbiamo intervistato a margine dei lavori.  

Il Dossetti politico, ha sempre guardato con attenzione al Meridione d'Italia e alle zone più emarginate del Paese, che dovevano avere ″pari diritti″ di chi vive in aree più  sviluppate. Ci teneva così tanto che ha portato una parte della sua comunità in Calabria; nella sua stagione politica, ha collaborato alla Riforma agraria e alla Cassa per il Mezzogiorno, pur restando un uomo di profonda spiritualità. La sua principale vocazione era infatti quella religiosa, che lui segue anche in politica, sempre con un'attenzione ai più bisognosi, alle persone che lui chiama i senza storia, quelli che non riescono per qualsiasi motivo ad esplicare la propria creatività.

Come rendiamo ‘attuale' la sua figura per stimolare una riflessione da parte di chi oggi fa politica. Ad attualizzare la storia, a volte si fanno delle forzature, però indubbiamente ci sono dei tratti di Dossetti che ancora oggi risultano validi: come la valorizzazione e la difesa della Costituzione come impianto che garantisce le zone del Paese più svantaggiate e quei cittadini che hanno maggiori difficoltà ad accedere al bene comune. E, allo stesso tempo, la ″pace″ come architrave della politica internazionale: la pace anche in territori come quelli che vediamo oggi, così segnati dalla violenza e dall'intolleranza religiosa. Ci sono ancora oggi due Comunità, una in Giordania e una in Cisgiordania, che si fanno promotori del dialogo interreligioso e della pace fra i diversi monoteismi che insistono sulla sponda del Mediterraneo.

Il messaggio di Dossetti è chiaro: anche in politica internazionale, partire dalla difesa dei più deboli. Essenzialmente era questo il suo primario obiettivo. Dossetti dice: Informatevi sui grandi libri di storia, perché la mia scelta monastica non è una scelta di fuga dal mondo, ma è una scelta per andare più in profondità nella storia, per stare più vicino a quelli che hanno bisogno. Soltanto in questo modo riusciamo a connetterci con le reali esigenze della persona. E allo stesso tempo va in Medio Oriente, ma non con un intento di proselitismo o con l'intento di convertire gli uomini di altre religioni, bensì con l'intento di ascoltare, di essere lui stesso e la sua comunità ′un ponte di pace′, fra musulmani ed ebrei.

Ha sempre avuto uno sguardo molto ampio, diciamo una sua visione rispetto agli equilibri mondiali che si andavano delineando in quegli anni. Dopo l'ottantanove, la sua idea era quella di passare attraverso l'India, per arrivare a stabilirsi in Cina, perché lì riteneva che poi si sarebbero giocati i nuovi equilibri mondiali e lì il Cristianesimo avrebbe potuto svolgere un ruolo di pace e di accoglienza. Per le questioni geopolitiche che conosciamo, quest'ultimo intento non è riuscito, almeno non del tutto per il momento, però il suo ′messaggio di pace′, soprattutto in politica internazionale, è ancora oggi fondamentale.

GIUSEPPE CHIUSOLO    

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