Le aree nodali Società

Quando l'urbanistica appassionava non solo gli assessori, ma c'erano a tenere desta l'attenzione gente scomoda come Ciccio Romano e sezioni di partito desiderose di non farsi espropriare dai gruppi consiliari il ruolo propriamente politico, vennero così chiamate - aree nodali - quei pezzi di città che avevano perso il ruolo di un tempo e quei pezzi che apparentemente hanno tutto per essere strategiche ma restano abbandonate a se stesse.

Il primo esempio di area nodale è quello, certamente scandaloso, di quella vasta zona che ruota attorno alla Cattedrale che fu, per secoli, il centro della città e, invece, dal 1943 resta una enorme cicatrice, un'enorme superficie cutanea dove la vita non si riproduce.

Quello che tutti chiamano oggi piazza Duomo non è stata mai piazza. Il sagrato della principale chiesa dell'Arcidiocesi è sempre stato uno spazio ristretto, come per tutte le città edificate (o riedificate, come nel caso di Benevento colpita dai terremoti del 1688 e del 1702) secondo canoni difensivi.

Quello che tutti chiamano piazza Orsini è una sorta di prolasso dell'antica piazza, abbellita dalla fontana fatta costruire dal Papa Arcivescovo Benedetto XIII Orsini per celebrare la ricostruzione del Triggio con le opere dello spurgo (leggi fognature e acquedotto), ma confinata più o meno nello spazio che oggi è delimitato dalla fermata dell'autobus urbano. Dietro la fermata, quello spazio più grande occupato da un parcheggio abusivo è proprietà privata quanto alle superficie occupate dai palazzi privati e proprietà comunale riguardo alle strade che collegavano il Corso Garibaldi con la vera piazza Orsini..

Quello che tutti continuiamo a chiamare piazza Santa Maria è proprio uno slargo provocato in parte dalla distruzione della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli (colpita dai bombardamenti del 13 settembre 1943) e in parte dagli edifici della Manifattura Tabacchi dei Monopoli di Stato. Il nome della vecchia piazza sarebbe in onore del cardinal Pacca. Tutto lo sventramento del rione Fragola e la costruzione del Corso Dante sono opere degli anni '60.

Da Via Torre della Catena, all'altezza dei magazzini del Mercato Commestibili fino a Port'Arsa e per tuta via Posillipo fino alla Dogana e al Palazzo Arcivescovile, sono molto visibili le ferite della guerra e lo stato di sostanziale anarchico abbandono. La stessa vicenda del palazzo di fronte al Duomo, con i fermi delle inchieste giudiziarie e i ripensamenti degli amministratori (il tutto condito da stucchevoli polemiche a chi fa il migliore autogol), sta a certificare una duplice mancanza: gli antichi proprietari (e i loro eredi) incapaci di uno scatto di orgoglio che li mettesse in condizione di avanzare una proposta alla quale il Comune fosse costretto a non poter dire di no; gli amministratori incapaci di uno scatto di reni che li potesse condurre (senza il vizio masturbatorio della discontinuità) a tenere la barra dritta verso una soluzione dal sapore urbanistico alto e autorevole.

Non che alcune amministrazioni non ci abbiano provato. Esistono fior di progetti presentati in occasione di concorsi di idee. Ma nella successione di sindaci e assessori accade molto di rado che chi viene dopo si metta a leggere quel che ha fatto chi c'era prima. Ognuno ricomincia da capo e ciascuno si ritrova senza aver messo il timbro all'opera omnia.

Il secondo esempio di area nodale, sostanzialmente diversa quanto alle problematiche gestionali, è quello di piazza Risorgimento e dintorni. Si tratta invero di quell'area che va da piazza IV novembre a viale Tonina Ferrelli per scendere fino alla caserma della Questura e al vallone San Nicola per risalire, poi, attraverso via Fossi fino al cosiddetto Terminal degli autobus urbani.

Si tratta di un'area piuttosto vasta, di valore economico mai calcolato ma sicuramente elevato, per molte parti di proprietà pubblica, chiamata a svolgere un ruolo strategico nei confronti della città antica compresa nella cerchia muraria longobarda. Essendo la cerniera tra il centro storico e le aree residenziali della zona alta, potrebbe essere la sede di servizi territoriali integrati, proprio quelli che dovrebbero caratterizzare la città intesa come polo di orientamento e guida dell'intera provincia.

Dalla soluzione che si intenderà dare alle questioni nascenti dalla necessità di cancellare la cicatrice del 1943 nel cuore della città e dalla necessità di alzare il livello qualitativo delle funzioni da assegnare all'area di piazza Risorgimento dipenderà, in buona sostanza, il successo o il fallimento della grande impresa che l'amministrazione comunale guidata da Fausto Pepe si è meritoriamente caricata sulle spalle.

Così come per l'area della Cattedrale, anche per la zona di piazza Risorgimento esistono studi e idee emerse negli anni. Non fu disegnato nessun progetto, ma al tempo della presidenza di Luigi Tedeschi alla Rocca dei Rettori si discusse con libertà culturale di una soluzione che partisse proprio dal vecchio campo di calcio del collegio La Salle da trasformare in un moderno grattacielo, nel quale inglobare le autostazioni dei pullman, alberghi, uffici, centro congressi e abitazioni civili.

Benevento ha, comunque, bisogno di una struttura per grandi manifestazioni congressuali, artistiche e musicali. Benevento ha, comunque, bisogno di un vero e attrezzato quartiere fieristico.

Noi ci siamo presi la briga di aprire la discussione. Ci piacerebbe che prendessero carta e penna gli attuali amministratori (non solo della città), quelli che hanno amministrato nel passato, i giovani, i cultori delle nostre memorie e i temerari che vorrebbero fosse assicurato alla propria città un futuro pari alla nobiltà del passato.

MARIO PEDICINI

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