Entusiasmante concerto di Enrico Ruggeri Cultura

Al termine delle prove in Piazza delle Fiamme Gialle, il noto cantautore milanese Enrico Ruggeri, dopo aver eseguiti i brani: Cercami, cercami e Bianca Balena, davanti ai suoi fans, ha rilasciato un’intervista per Realtà Sannita. Il concerto, unico nel Tour 2012, in Campania, è stato eccezionale, sono stati riproposti i brani famosi della sua strabiliante carriera, cantati dal folto pubblico. L’artista è stato accompagnato magistralmente da una band formata: Luigi Schiavone (chitarra); Fabrizio Palermo (basso); Marco Orsi (batteria); Paolo Zanetti (chitarra); Francesco Luppi (tastiere).

Dagli inizi intrapresi con la formazione del gruppo JOSAFAT agli anni della maturazione artistica, hai sperimentato e contaminato generi musicali diversi. Qual è il segreto del tuo consolidato successo?

Fondamentalmente è fare le cose che mi piacciono, che mi divertono. Ho una band molto duttile, musicisti che hanno gusti musicali anche diversi dai miei per cui il risultato è sempre rock , però cerchiamo che sia sempre diverso.

Con il testo ”Il mare d’inverno”, nel 1984, portato al successo da Loredana Bertè, hai squarciato gli orizzonti cantautorali. Cosa ti ha ispirato a scrivere questo autentico capolavoro?

Ma, forse è stato che nessuno aveva mai parlato. Tutte le canzoni sul mare erano un po’ tutte uguali parlavano di spiaggia, pinne, occhiali, andavano a la playa ecc…, invece, “Il mare d’inverno”, vedeva il mare da una prospettiva diversa.

Enrico hai partecipato più volte a Sanremo, riportando la celebre vittoria con “Si può dare di più”, insieme a Morandi e Tozzi, nel 1987. Perché sei ritornato più volte sul palcoscenico dell’Ariston?

Intanto, ci ho arredato il salotto. L’ho rivinto nel 1993, ho vinto cinque volte il premio della critica. Sanremo è comunque un’occasione per comunicare a tutti velocemente i tuoi programmi. Io spesso ho una tournèe che parte a marzo e quindi andare a Sanremo ti risparmia tutta la promozione e puoi fare la tournèe tranquillamente.

Ami lo sport, in particolare il calcio ed il ciclismo. Nel 2000, nell’album “L’uomo che vola” hai incluso una meravigliosa canzone”Gimondi e il Cannibale”. Perché hai voluto celebrare il mondo della bici?

Ma, perché Il ciclismo è la metafora della vita. Insomma, si fatica, a volte si arriva secondi, non si deve mollare mai. E quindi c’era questo campione mio amico che si chiama Gimondi, che in qualche modo rappresenta la voglia di non mollare anche se magari non vince. Gimondi spesso non vinceva.

L’ultimo album ha per titolo “Le canzoni ai testimoni”, una sorta di tributo alla tua fulgida carriera. Come nasce quest’idea che è in fondo una sfida avvincente nel panorama musicale alle soglie del terzo millennio?

E’ nata dall’idea di sentire delle mie canzoni rifatte, riarrangiate e risuonate dagli elementi più validi della nuova musica indipendente. Tutti quelli che hanno partecipato al mio disco in qualche modo mi hanno riconosciuto una paternità, hanno cominciato a suonare anche sentendo i Decibel e le prime cose che facevo. E quindi le hanno rifatte a modo loro ed è stato un esperimento molto interessante.

Com’è cambiato il mondo della canzone con la scomparsa del grande Lucio Dalla?

E’ cambiato indipendentemente da quello. E’ cambiata perchè la musica che si fa in televisione è di livello un po’ bassino. I cantautori magari vanno a fare i concerti e preferiscono andare meno in televisione.

L’isola del tesoro credici c’è” sono le parole adatte all’attuale momento storico. Il testo dal titolo “L’isola del tesoro” può rappresentare la metafora della rinascita del nostro paese ed allontanare lo spettro della crisi economica, riportando segni di speranza?

Speriamo guarda il nostro paese, è passato nel secolo scorso da due guerre mondiali, una dittatura, gli anni di piombo, i terremoti, passerà anche Monti.

NICOLA MASTROCINQUE 

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