La Sfinge di Benevento se ne volò a Capri Cultura
La magia di Villa San Michele sospesa tra cielo e mare mi coinvolse la prima volta che dal porto di Capri a Marina Grande salii fin lassù ad Anacapri. Racconti di cose emerse da sogni mi hanno indotto più volte a tornare per studiare e fotografare opere d’arte e reperti antichi nei suoi giardini, viali, stanze, terrazze spettacolari.
Fu eretta da Axel Munthe, un medico svedese che esercitava a Parigi. Sedotto da poeti che paragonavano Capri “a una sfinge sognante”, vi era andato diciannovenne nel 1876. Trasferitosi poi a Roma, prese in affitto una residenza nell’isola. Nel 1895 comprò ad Anacapri una casa fatiscente con i terreni circostanti dominati dal Castello Barbarossa, la trasformò in una raffinata architettura e la chiamò Villa San Michele. Frequentava intanto le élites d’Europa, divenne medico personale di Vittoria di Baden, Principessa Ereditaria e poi Regina di Svezia e Norvegia dal 1907. Sempre insieme a Capri, nacque tra loro una relazione intima durata fino alla morte di lei a Roma nel 1930. Nel 1932 Munthe scrisse una ammaliante Storia di Villa San Michele.
Gioiello della Villa è una Sfinge egizia in granito rosso, con corpo di leone, ali di uccello, testa di donna. Collocata sull’orlo di una terrazza a precipizio sul mare, è rivolta verso la costa in una inquadratura trasversale che rende impossibile vederne il volto. Di fronte ha il Vesuvio, nel panorama del Golfo di Napoli dall’area flegrea con Procida e Ischia fino alla Penisola sorrentina di cui Capri è il terminale.
La scomparsa di documenti sulla provenienza della scultura è inquietante. Per evidenti affinità stilistiche con le sfingi custodite nel Museo del Sannio gli egittologi ipotizzano che sia arrivata da Benevento, come le due sfingi passate a Roma nel Museo Barracco e le altre due nel Museo Egizio Vaticano. Munthe però non accennò mai all’antico culto isiaco beneventano. Diceva che era emersa da un suo sogno… Per distogliere l’attenzione da chi gliela aveva procurata? Si divertiva anche con i muratori impegnati a costruire la Villa: “Isseremo qui una enorme sfinge egiziana di granito rosso. Non vedo per ora dove la troverò, ma sono sicuro che a suo tempo arriverà”.
Provando a tradurre in realismo i suoi racconti, ho rintracciato nella Villa di Anacapri altre opere di provenienza analoga. In una sala spicca una scultura del dio Horus in forma di falco, figlio di Iside, simile ai falchi egizi del Museo del Sannio. In un angolo appartato è esposta l’epigrafe funeraria di un tal Pompeius (foto) con l’indicazione della Tribù Stellatina, la circoscrizione elettorale a cui Roma aggregò Benevento. Vasi da farmacia di tipo cerretese con scene di paesaggi in blu decorano le sale.
Munthe scrisse poi nel libro che, su indicazione di un porporato, trovò la sfinge nella ‘Magna Grecia’ calabrese: “La sfinge stava lì ad aspettarmi da duemila anni. Un uomo con un manto rosso me l’aveva raccontato; finora l’avevo vista soltanto nei miei sogni. Mi ero appena addormentato, davanti a me un buio passaggio sotterraneo conduceva in una caverna con uno spirito maligno, accesi una torcia e mi avviai, mi trovai in una sala spaziosa, al centro c’era una grande sfinge che mi fissava con i suoi occhi sbarrati. Sobbalzai dal sonno, il sogno svanì… Non fatemi domande, non posso rispondervi. Interrogate la grande sfinge di granito che sta accovacciata sul parapetto di Villa San Michele. Ma domanderete invano. La sfinge ha mantenuto il suo segreto per cinquemila anni. La sfinge manterrà il mio”.
Lo sbarco degli Alleati nell’autunno 1943 impedì ad Alex Munthe di tornare in Italia dopo una vacanza in Svezia. Non vide mai più la sua Villa San Michele. Morì nel 1949 nel Palazzo Reale di Stoccolma lasciandola in eredità allo Stato svedese, invito a chi ama perdersi nei sogni che accadono.
ELIO GALASSO