Un dono stregato Cultura

Perché nessun beneventano dice di aver chiesto qualche volta aiuto a una strega? E perché nessuna strega è stata mai disponibile al dialogo con i beneventani? Trattandosi di una tematica d’invenzione sembrano domande assurde, ma nella leggenda la rigorosa assenza di contatti tra realtà e astrazione nasconde evidentemente un segreto. In area partenopea invece nessuno blocca il discorso se si parla del ‘munaciello’, il piccolo fantasma che molti dicono di aver visto sbucare da un cassetto, da un armadio, o in giro per le stanze nel silenzio della notte per giocare a nascondino o per lasciare magari qualche regalo. Tantomeno verrebbe in mente a qualcuno di respingere quell’essere immaginario con un deterrente analogo alla scopa antistreghe messa dai beneventani dietro la porta di casa.

Diversamente dai greci e dai romani che andavano a consultare fiduciosi l’Oracolo di Delfi e la Sibilla Cumana, i beneventani hanno sempre evitato rapporti personali con le streghe leggendarie, comportandosi, in tal modo, in perfetta continuità mentale con l'antica demonizzazione del culto isiaco da cui esse son derivate. Non si sono mai premurati di inventare una precisa ubicazione del noce demoniaco sulle rive del fiume Sabato, nemmeno a scopo turistico, attribuendo così un comportamento da ‘cancel culture’ a San Barbato che, stando a racconti di ben… cinquecento anni dopo la sua morte, avrebbe personalmente eliminato l’albero nel VII secolo.

Delle streghe vere poi, cioè delle donne accusate di stregoneria, si è fatto scempio anche a Benevento perché si azzardavano a guadagnare qualcosa con oracoli sul destino delle persone o curando ammalati in concorrenza con l'Ordine dei Medici e con analoga competenza nell’utilizzo di erbe. La campagna contro di loro venne infatti guidata nel secolo XVII direttamente dal Protomedico di Benevento Pietro Piperno.

Solo dalla fine del Settecento i beneventani sono stati immunizzati dalla memoria di Iside demonizzata: merito di poeti e narratori, di pittori e disegnatori, di musicisti e registi cinematografici o televisivi che hanno creato l’incanto delle streghe leggendarie. Però è ormai impossibile far diventare beneventana qualcuna delle streghe della leggenda che, arrivate sempre da lontano e mai singolarmente identificate, hanno organizzato convegni con i diavoli sempre fuori dalle mura. I turisti osservano in proposito che, se qualcuna fosse nata a Benevento, avrebbe non solo evitato i voli di andata e ritorno a cavallo di una scopa, ma nei mesi invernali di sospensione delle danze attorno al noce avrebbe potuto dedicarsi a rapporti empatici con i suoi concittadini. “Come infatti è avvenuto e avviene dalle nostre parti”, intervenne tra il pubblico un antropologo britannico durante una conferenza nel Museo del Sannio.

In Inghilterra tanta gente parla da secoli con una strega vera” - mi disse poi lo studioso, arrivato da Londra con mille domande - mentre a Benevento nessuno ha mai avuto la curiosità di andare a spiare le streghe per vedere come son fatte, come si vestono, soprattutto se badano alla città. Probabilmente qualche beneventano sarà venuto in Inghilterra a vedere e a farsi vedere dalla nostra strega vera, la più conosciuta al mondo, con migliaia di ‘fans’ che la ritengono tuttora operativa dall’ultraterreno benché morta nel 1561”. E cominciò ad accennare alla storia della Strega di York, una strega vera che ha abitato e abita un luogo vero”.

Non ne sapevo nulla né potetti chiedergli altro, doveva prendere il treno e andò via ripetendo che mi avrebbe mandato una lettera. Non gli credetti, ma da Londra mi scrisse che a York, capitale della contea inglese del North Yorkshire, si conservano documenti storici del Seicento relativi a una bambina nata in una caverna a Knaresborough nel 1488 da una ragazza unitasi con un diavolo. L’aspetto orribile della bambina svelò subito che era una strega vera: occhi enormi, ghigno feroce, lungo naso appuntito. Operò infatti da veggente ancor prima di sposare un tal Shipton e diventar famosa come Madre Shipton o Strega di York.

Le sue più note profezie per l’umanità furono: “finirà il potere della Chiesa Cattolica in Inghilterra” - cosa accaduta poi nel 1534 - e le scoperte di tecnologie che oggi possediamo: Attraverso le colline l’uomo cavalcherà ma nessun cavallo sarà al suo fianco (l’automobile). Gli uomini cammineranno sott’acqua (il sommergibile). Nell’aria voleranno gli uomini (l’aereo). Il ferro galleggerà nell’acqua facilmente come una barca di legno (le navi a motore).

La sorprendente lettera dell’antropologo londinese attenuò la mia meraviglia solo quando tra le righe lessi che quella vicenda si basa su documenti di autenticità non del tutto accertata. Ma quel racconto conteneva… ‘stregoneria’: un notaio mi chiese poco dopo da Londra se, in quanto Direttore Museo del Sannio, potevo accettare il lascito testamentario di un dipinto dal tema beneventano, a condizione che non facessi indagini sul defunto donatore. Presi la proposta come un simpatico ricontatto ludico da parte dell’antropologo, senonché si trattava davvero di un pubblico notaio che dopo la mia accettazione inviò al Museo la pratica testamentaria a norma di legge e un disegno acquerellato di Carlo Labruzzi (Genova 1748-1817), il grande pittore paesaggista genovese a cui Benevento ha dedicato una strada per la qualità veristica delle sue vedute della città anticipatrici della fotografia. La preziosa opera donata fu registrata nel patrimonio dell’Istituto con quei singolari dati di acquisizione ed esposta al pubblico: raffigura il piccolo monumento con il Toro Apis al Viale San Lorenzo - visione… stregonesca di una scultura isiaca - con lo sfondo dell’antica Chiesa di San Lorenzo e del Monastero dei Frati Francescani Osservanti, oggi ‘Madonna delle Grazie’ (nelle immagini), il profano e il sacro!

Tornando con la mente all’antropologo londinese che mi informò della Strega di York mi chiedo ancora chi sia stato il donatore e perché abbia voluto restare anonimo. “È stata quella strega vera, per inviare un monito ai beneventani paurosi increduli”, risponderebbe convinto un suo ‘fan’.

ELIO GALASSO 

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