Un labirinto, il Chiostro di Santa Sofia Cultura

Che sia fatto di muri o di siepi, in un labirinto ci si perde. A Benevento accade nel Chiostro di Santa Sofia. Sono rimaste prigioniere dei suoi enigmi personalità della politica, della scienza, della cultura, al punto da tornarci poi con l’immaginazione e inviarmi riflessioni inquietanti. Nun parlà, nun siente checcà se spanne musica?”. Così mi zittì Renato Carosone mentre percorrevo con lui i corridoi. Intanto fischiettava un motivetto “ispirato dagli autori delle sculture” a cui volle dedicare un brindisi.

Elegante con pelliccia e cappello, Milva cantante internazionale: “È un silenzio per indagare il profondo dell’anima” (foto). E l’incisore statunitense Robert Carroll: “Sconvolgerò questa architettura che mi ha sconvolto!”.

Chi si lasciava affascinare dai percorsi ambigui sperimentò la propria capacità di percepire e superare le insidie. Esitò invece chi avvertiva paure inconsce. Ma l'idea di paragonare il Chiostro di Santa Sofia a un labirinto è stata di un grande scrittore napoletano, Domenico Rea.

Con scene sacre e mitologiche disposte in sequenze su capitelli e pulvini, furono tre Artisti del XII secolo a raffigurare nel Chiostro storia e tradizioni, la sete di potere dell’uomo, le malizie della donna che inducono al peccato. Aperti alle civiltà europee, orientali, africane, i loro racconti guidavano alla redenzione. Durante la mia Direzione del Museo del Sannio riportai alla luce anche tracce di affreschi che li contornavano: sotto le arcate della quadrifora dell'angolo rientrante, quei residui di bizantinismi policromi oggi svaniscono invocando restauri.

È un labirinto questo Chiostro - disse Domenico Rea - non riuscirò mai a penetrare i suoi misteri”. Sapeva che avevo decifrato tutte le figure e le scene della decorazione scultorea, fino ad allora mai interpretate da nessuno. Volle discutere di sfingi, guerrieri Crociati, elefanti e dromedari mai visti a Benevento, draghi e sirene, Eva innocentemente nuda e poi travolta dalla vergogna, un Centauro con coda fiorita insieme a una Centauressa con artigli e coda in forma di serpe a due teste, la Terra Madre che nutre buoni (vitello) e cattivi (un serpente).“Come mi libererò da tanti interrogativi?” si chiedeva lo scrittore. Era in stampa il mio volume Il Chiostro di Santa Sofia a Benevento. Il simbolico, il mostruoso, l’ambiguo (Benevento 1993), quando gliene portai una copia a Napoli stava male, morì poco dopo.

Il dialogo con lui fu di stimolo per ulteriori ricerche pubblicate nel volume Il Chiostro di Santa Sofia. Giardino di delizie (Roma, El Kozeh Edizioni 2020). Al Chiostro si accedeva dallo spazio antistante la Chiesa attraverso una grande porta che individuai nella parete sud. Ad accogliere c’è San Benedetto raffigurato sulla colonnina ovviamente iniziale, il cui pulvino presenta il più antico Presepe conosciuto, completo di Sacra Famiglia col Bambino in fasce, Arcangelo Gabriele che annuncia, Re Magi, pastori con pecore, guidati dalla sovrastante Cometa stellata. Uno spettacolo scenografico ammirato a Benevento forse da San Francesco che, mezzo secolo più tardi, ideò il Presepe Vivente di Greccio. Proseguendo verso destra la successione dei lavori agresti mensili attesta la originaria direzione antioraria del percorso scultoreo che, nel lato nord, perviene alla colonna 35 dove domina la Conchiglia, simbolo della ‘nascita’, adottato dall’Abate Card. Giovanni IV (1141-1176) che ampliando il preesistente chiostrino longobardo fece ‘nascere’ il nuovo gioiello d'arte. Sul quarto lato il ‘nodo’ simbolo del peccato e la successiva colonnina che se ne svincola segnalano il raggiungimento della meta salvifica.

Gli enigmi del Chiostro di Santa Sofia continueranno a sedurre. Perché il monumento più originale mai creato a Benevento è un labirinto.

ELIO GALASSO