Unire le forze alla riscoperta di Bebio Cultura

Una città… sepolta. Con strada e viuzze, le case-bottega, la sorgente d’acqua, le terme (l’agorà dell’epoca) e finanche un monumento. Una urbanizzazione che segue alla lettera l’impostazione che i Romani stabilivano per la costruzione delle contee fuori le mura dei grandi centri. È Bebio, la città dei Liguri Bebiani a Macchia di Circello. Un’area archeologica d’immenso valore, che dopo un avvio promettente è oggi purtroppo abbandonata, nonostante il forte interesse manifestato dal Comune di Circello e dalla Soprintendenza alle Belle Arti. A sollecitare un immediato intervento manutentivo, tale da garantire una visita sia pur breve ma in sicurezza, sono diverse associazioni ambientaliste e culturali del comprensorio, che di recente si sono fatte promotrici della prima comunità patrimoniale Matese-Tammaro secondo i principi della Convenzione di Faro, ovvero il diritto delle comunità a fruire del patrimonio culturale e il dovere a custodirlo, tutelarlo e valorizzarlo. Per capirne l’importanza, ne abbiamo parlato con l’archeologo Pasquale Marino, da sempre impegnato nel riportare alla luce i tesori nascosti dell’alto Tammaro-Fortore. “Per valorizzare un bene archeologico, la prima cosa è la manutenzione e la conservazione; dopodiché è necessario capire cosa fare per renderlo ′elemento attrattivo′. Non di un comune, ma di una intera area.”

Facciamo una breve descrizione di questo meraviglioso fazzoletto di Sannio, che conserva il sito archeologico di Macchia di Circello.

Dovremmo partire dai beni paesaggistici dell’alto Tammaro, assai intaccati dall'eolico e dai capannoni di allevamenti intensivi. In quest’area del Sannio abbiamo beni archeologici, centri storici ben conservati come Morcone, i castelli, abbiamo i percorsi storici e quelli religiosi…

È un’area attraversata anche dal Regio tratturo...

È una storica linea di collegamento. È riconosciuto non solo nella fase storica come Regio tratturo -per cui le greggi erano sottoposte a tassazione, eccetera- ma qui abbiamo un percorso protostorico: significa che dall'età del Bronzo persone, animali e merci si sono mosse lungo questa linea che dall'Abruzzo arrivava alla Puglia e viceversa. Un percorso che si è conservato, non nel corso dei secoli bensì dei millenni: non è un caso che su questo percorso s’innesta la “romanizzazione”.

Spieghiamo esattamente cos’è.

È un nuovo modo di vivere, basato sulla vita urbana: sull’idea di città portata qui dai Romani, che è data da Sepino e appunto dalla città dei Liguri Bebiani, che probabilmente si chiamava Bebio. E l'altro punto di urbanizzazione che i Romani impongono, era appunto questo di Circello.

Mi diceva che questa ricostruzione, osservando attentamente uno dei pannelli dell'arco di Traiano di Benevento, emerge chiaramente.

Sull'arco di Traiano è rappresentata figurativamente la repubblica dei Liguri Bebiani: questo gruppo forzatamente trasferito dai Romani nelle nostre zone. I Romani requisiscono il territorio, lo misurano, lo dividono e lo distribuiscono a chi dicono loro e, tra gli Irpini ed i Pentri, inseriscono a cuscinetto questa popolazione di liguri. È una ricostruzione confermata dalle perimetrazioni emerse dagli scavi, alcune ancora ben visibili: visibili, ma purtroppo non tutelate. Mentre, la centuriazione, in tutto il mondo è un valore!

Spieghiamo anche il termine centuriazione

È la divisione dei campi che facevano i Romani, operata secondo uno schema ben preciso: serviva a creare lotti di terreno, che era l'elemento base per la vita e la prosperità di una famiglia. In questi scavi sono appunto emersi il senso di comunità e di urbanizzazione. Siamo di fronte ad una vera e propria città, con un asse viario ovvero una strada lastricata anche abbastanza importante perché ampia e strutturata, su cui affacciano delle abitazioni-bottega secondo un sistema antico; troviamo delle strutture termali, perché c'era una sorgente d'acqua che evidentemente utilizzavano per le terme.

La presenza delle ′terme′ è l’elemento caratterizzante di quel tempo…

Rappresentano il punto di socializzazione. Nelle terme si facevano affari, ci si incontrava per discutere, non si faceva semplicemente un bagno caldo o fresco secondo un percorso prestabilito. Il fatto che quest'area urbana avesse queste strutture, le abitazioni, una via pubblica, la base di un monumento, significa che non era solo un aggregato di case: c'era una strutturazione amministrativa ben precisa. Ed è questo il modo di ″vivere urbano″: non basta mettere insieme due case per diventare città, ma bisogna capire se ha un elemento amministrativo oltre che architettonico.

I primi scavi risalgono alla fine degli anni ′70, dopodiché cosa è successo?

Non hanno mai più messo mano, se non per fare dei rilievi topografici successivamente allo scavo. Immaginiamo questa cosa: sono stati fatti degli scavi, sono stati recuperati dei reperti, ma il rilievo topografico -ovvero il posizionamento di dove sta e com’è fatto- è successivo di anni. Questa è un’altra particolarità dell’area archeologica di Circello.

Perché è importante non abbandonarli questi luoghi ricchi di storia e renderli fruibili per conservarne la memoria?

Lo scavo è un’operazione costosissima ed impegnativa. Tirare fuori strutture e poi non fare la manutenzione, significa prima di tutto degradarle, distruggerle. Finché sono sotto terra, si conservano; nel momento in cui le scopro, sono soggette a degrado e le perderò.

Quello che chiedono con forza le Associazioni del comprensorio è appunto di evitare il ″degrado″ dell’area...

Sì, perché degrado significa che lo posso distruggere, lo posso rubare, lo posso abbattere, si può allagare: può capitare di tutto una volta scoperto. Molte delle testimonianze che erano emerse sono scomparse, chi dice rubate. Spesso ci si lamenta che c'è uno scavo per diversi anni, dopodiché viene ricoperto tutto, proprio perché non è possibile fare la manutenzione. In questo caso, l'abbiamo lasciato esposto? E allora abbiamo il dovere di fare manutenzione, altrimenti lo perdiamo! Ma questo scavo, è un elemento appunto di ″memoria″: è l'attestazione vera che i Liguri Bebiani sono stati portati qui e che gli è stato imposto il modo urbano di vivere dei Romani. Mi chiedo: perché dobbiamo cancellare questo elemento?

Del resto parliamo di un'area archeologica ben circoscritta, panoramica...

Il sito è amplissimo, perché la città era abbastanza estesa e tutti gli elementi che stavano intorno occupavano un'area abbastanza ampia; mentre la parte scavata è limitata, per cui la manutenzione e la conservazione dovrebbe essere molto più semplice.

Un sito archeologico che ha la fortuna di avere adiacente l'ex edificio scolastico, di proprietà comunale, perfetto per custodirne la memoria e divulgarne la conoscenza.

Una fortuna così è difficile trovarla altrove. È un edificio in cui è possibile fare accoglienza, utilizzarlo come sala di racconto e didattica per le scolaresche, oltre ad ospitare i vari servizi. Ecco, si potrebbe ricreare quell’elemento di ″socialità″ dei Liguri Bebiani, rendendo l’area archeologica di Macchia vivibile ancora oggi.

GIUSEPPE CHIUSOLO

(1. Continua)