Arte contemporanea a Benevento Cultura

La cosa che sente più stupidaggini al mondo è probabilmente un quadro di museo”. Eccentrico soltanto in apparenza questo pensiero di Edmond e Jules de Goncourt, celebri fratelli scrittori e collezionisti d’arte dell’Ottocento francese. Quando passavo tra il pubblico nelle sale del Museo del Sannio e nel Chiostro di Santa Sofia notavo che i tradizionalisti incapaci di cogliere il senso delle novità d’arte si affannavano spesso a spiegare ad altri quello che… non avevano capito.

L’Istituto attivò iniziative coinvolgenti, intervenne nelle scuole accrescendo e pubblicizzando il patrimonio moderno. Come nei principali centri del nord Italia, riceveva donazioni e sostegni concreti di enti associazioni e privati, utili a rispondere alle aumentate esigenze, ad acquisire pubblicazioni di interesse specifico, a moltiplicare i rapporti con istituzioni non soltanto nazionali, cominciando dai micromusei della provincia beneventana e dai musei dei maggiori centri della Campania. Tutto questo occorre ancora oggi, anzi di più. Ma servono figure professionali nuove, manager gestionali, specialisti informatici e della comunicazione oltre ai classici museologi, archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, restauratori e tecnici per la manutenzione quotidiana delle opere. Che non ci sono più. Benevento adagiata sull’antico ne verifica le conseguenze quando si proclama città di cultura e ospita turismo qualificato.

Quanto all’arte contemporanea, mostre e convegni accreditarono un Museo del Sannio sbloccato dal ruolo di mero custode del passato. Ribaltando i ruoli, la creatività nascente veniva discussa con docenti e studenti nella Sezione Didattica dell’Istituto, non solo in occasioni straordinarie come la rassegna Geometria e Ricerca organizzata nel 1980 con il critico d’arte Filiberto Menna dell’Università di Roma e trasferita poi nella capitale, e la successiva mostra L’immaginario tecnologico curata insieme a Mario Costa dell’Università di Salerno in collegamento con la Sorbonne Université di Parigi (1984).

Fra le tante sperimentazioni presero l’avvio cicli di conferenze su maestri del livello di Man Ray e Lucio Fontana (nella foto), esposizioni di grafica, oggetti di arte astratta e concettuale, installazioni in multimateriali, dipinti caratterizzati dal senso ermetico di forme e colori. Artisti beneventani come Mimmo Paladino con l’Hortus conclusus e Antonio Del Donno con le famose Tagliole sorprendevano per la raggiunta notorietà internazionale. Di fronte a quei ‘misteri’, chi sceglieva di restare prigioniero della figuratività provava a scrollarsi di dosso il disagio scherzando, mostrando caricature. Succedeva, sta succedendo di nuovo.

Fondamentale risultò la presenza a Benevento della Scuola Allievi Carabinieri. Migliaia dei suoi giovani costituirono un vero e proprio boom turistico accolto da stradine e vicoli quasi spopolati, che ripresero vita soprattutto dall’Arco di Traiano fino a Piazza Santa Sofia. Loro ritrovo preferito diventò il rione Tréscene tra Piano di Corte e Piazza Vari (oggi Piazza Arechi II) dove scoprirono il Museo del Sannio e inserirono la loro estranea diversità, con un desiderio partecipativo che attutiva l’impatto dei tradizionalisti perplessi. Il rione ospitò eventi, si arricchì di piccoli negozi e luoghi di ristoro. Ne sopravvive qualcosa. Erano una realtà sociale complessa da coinvolgere gli allievi carabinieri, diffusero il nome e le attrattive di Benevento nelle regioni di provenienza. Nessuno ne ha mai indagato i ricavi ottenuti dalla città.

Benevento diventava intanto un appuntamento anche per turisti del centro-nord desiderosi di affacciarsi sul sistema d’arte che nasceva nella città in sintonia con Napoli e Salerno, con attori, registi, fotografi, musicisti, designers. Ne emersero Mario Martone, Antonio Neiwiller, Antonio Biasiucci, Toni Servillo, giovani talenti che andavo ad incontrare nei loro ambienti precari, sorprendendoli con inviti a venire ad esprimersi finalmente in una istituzione pubblica, nel Museo del Sannio.

Proiettando nel contesto odierno quel rapporto non facile tra il pubblico e l’arte contemporanea, scopro ancora qualche diffidenza verso artisti, critici e galleristi. Ma siccome l’arte contemporanea con le sue espressioni e seduzioni è penetrata nella vita delle comunità, diventa indispensabile riprenderla in considerazione, anche con acquisizioni di opere: fra i vari centri campani solo Benevento appare in grave sofferenza in tale settore.

Siete stati sanniti, longobardi, papalini. E oggi?”. Oggi la domanda va alle responsabilità pubbliche. Per comprendere e vivere il nuovo non bastano le provocazioni di vignettisti e fumettisti che danno la sveglia agli inerti con il sarcastico motto “rest and enjoy the tranquility”, goditi il tuo… non far niente. Il rischio è che arrivino a confortarci con un funereo “Requiescas in pace. Amen”.

ELIO GALASSO