La Sfinge beneventana e la sua provenienza Cultura

Miti, leggende, culti e lingua dialettale, definiscono l’identità di un popolo, raccontano le origini di una comunità. Saper leggere i segni non è certamente un’impresa facile specialmente in una città stratificata e ricoperta di veli, come Benevento.

Dopo aver letto l’interessante articolo di Elio Galasso dal titolo “La sfinge di Benevento se ne volò a Capri”, dove ci si interroga da dove provenga la sfinge dalle affinità stilistiche con quelle beneventane e come sia stato trasportato fino alla Villa San Michele di Axel Munthe, sono stato mosso dal desiderio di raccontare un singolare mistero che si lega ad un’altra sfinge “beneventana” custodita oggi presso il museo Arcos, sezione egizia.

Prima però, cercherò di arricchire il parallelo con un altro personaggio ossessionato dal mito di Iside, Raimondo di Sangro, meglio noto per la sua Cappella Sansevero a Napoli, in cui l’opera d’arte più significativa è certamente il celebre “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino.

Per Raimondo di Sangro, le pietre del Tempio di Iside a Napoli, furono elevate in un’area che la tradizione ermetica e misterica considera un luogo di forze provenienti dal sottosuolo di piazza San Domenico Maggiore. Il motivo sarebbe legato alla presenza di un corso d’acqua considerato “sacro” dai sacerdoti egiziani.

Per gli appassionati di esoterismo la statua del Nilo, sito nel largo Corpo di Napoli, nel cuore del centro storico della città partenopea, sarebbe, assieme al convento di San Domenico e a Palazzo di Sangro, uno dei vertici del “triangolo magico” della città.

Sulla base di queste conoscenze, Raimondo di Sangro nell’area di piazza San Domenico fece scavare una vasta rete di cunicoli sotterranei proprio allo scopo di collegare il Palazzo Sansevero (nei cui sotterranei il principe alchimista svolgeva i suoi misteriosi esperimenti) e la Cappella Sansevero con l’area del tempio di Iside. L’intento era quello, verosimilmente, di utilizzare e mettere a frutto, proprio per i suoi esperimenti, il luogo di forze e i motivi esoterici legati al tempio egizio.

Dunque partendo dal fascino esoterico, tra visioni iniziatiche e mitologiche che decretano tra Munthe e l’isola di Capri un patto fatto di amore incondizionato, passando per il “triangolo magico” di Napoli, giungiamo a Benevento per l’ultimo mistero.

La sfinge di granito grigio scuro, di cui resta solo la parte anteriore, oggi esposta presso il museo Arcos, sezione egizia, fu donata al Museo del Sannio da anonimo cittadino prima del 1928, di cui resta ignoto anche il luogo e la data di rinvenimento.

Se Axel Munthe racconta di come vide in sogno la sfinge, conservando il segreto da dove provenga e come sia stato trasportato fino a Villa San Michele, la sfinge beneventana di contro attende di riallacciarsi al suo tempio perduto dedicato alla “Signora di Benevento.

CESARE MUCCI