La tragica storia di Adelaide Modena Cultura

Gli internati della Prima Guerra Mondiale sono una triste ed ancora sconosciuta pagina di storia che accomuna tutti i Paesi belligeranti allo scoppio del conflitto. Infatti, servendosi di una legislazione speciale di guerra, i vari governi espulsero o internarono tutti i cittadini degli Stati nemici. Un periodo oscuro della storia europea, che poi avrebbe costituito il precedente preferito del regime fascista, il quale si limitò solo a perfezionare gli strumenti repressivi adottati.

Di questo e molto altro ne ha parlato la storica e giornalista sannita Lucia Gangale in un interessante convegno dal titolo “Una donna e la guerra. La tragica storia di Adelaide Modena”, svoltosi presso la sede beneventana dell’Auser-Uselte, presieduta dalla poetessa Adriana Pedicini.

Su questo periodo della storia, per niente conosciuto nelle scuole - ha spiegato Gangale -, esiste nel Friuli una letteratura vecchia di almeno quarant’anni e, da vent’anni, il lavoro che sta portando avanti l’Università Ca’ Foscari di Venezia attraverso la rivista DEP - Deportate Esuli Profughe, unica nel suo genere, in quanto rivolge uno sguardo particolare alle storie delle donne vittime di deportazione. Gli internati della Prima Guerra Mondiale sono stati migliaia: 70mila o forse 100mila, tutti vittime della legislazione speciale di guerra. Dopo che nel 1915 l’Italia ruppe il patto con la Triplice Alleanza ed entrò in guerra con l’Austria, iniziarono i rastrellamenti di persone sospettate di avere simpatie per questo Paese. Civili di ogni ceto e di ogni condizione sociale (massaie, cameriere, aristocratici e nobildonne, sacerdoti, bambini) furono spediti da zone come il Trentino ed il Friuli verso lontane destinazioni a Sud della penisola ed anche in Sardegna”.

La tragica storia di Adelaide Modena ha permesso alla storica Lucia Gangale di squarciare il velo dell’oblio su questo scempio che diede la stura a inauditi abusi.

Adelaide Modena era una contessa. Apparteneva ad un’antica famiglia che deteneva vasti possedimenti nella bassa friulana, a Scodovacca, frazione di Cervignano del Friuli, in provincia di Udine. Lei ed il suo figliastro Augusto (che alla nascita era stato registrato come Agostino) furono mandati prima in Toscana, tra Firenze e Lucca, poi in Puglia: Augusto a Lucera, dove pare vendesse biciclette, e Adelaide in un paesino poco distante, Celle di San Vito (Fg), il più piccolo centro della Puglia. Fu forse internata in una delle cellette dove anticamente abitavano i monaci e dove Carlo d’Angiò, nel Milleduecento, fece installare alcune decine di famiglie che si era portato dietro dalla Provenza, durante le lotte nelle quali sconfisse Federico II di Svevia. Dall’atto di morte di Adelaide si ricava il suo domicilio che è proprio lì dove un tempo stavano i monaci. Vi passò tutto l’inverno del 1915 ed a marzo dell’anno successivo vi morì, a soli 54 anni. Nel cimitero del piccolo paese si trova ancora oggi la storica tomba che Augusto (il marito di Adelaide, Carlo Augusto, lo aveva avuto da una precedente relazione) pose per accogliere il riposo eterno di questa donna, su cui finora mai nessuno aveva indagato”.

Ma perché Adelaide Modena fu internata?

Nei documenti che la riguardano, è scritto che ella fu sospettata di “austriacantismo”, in quanto moglie di un alto e pluridecorato ufficiale dell’Impero asburgico. Il marito si chiamava Carlo Augusto Modena e tra i due, oltre a 28 anni di differenza, c’era parentela (infatti il matrimonio fu celebrato con dispensa papale).

Il convegno è stato arricchito dalla proiezione di un video della durata di 21 minuti, realizzato sempre da Lucia Gangale.

Il cortometraggio, come annunciato al folto ed attento pubblico, sarà proiettato il prossimo 10 maggio a Cervignano del Friuli, nell’ambito della Settimana della Cultura Friulana, quindi, una proiezione sarà fatta anche a Celle di San Vito durante l’estate.

NICOLA NUZZI