Progetti di restauro del Teatro Romano di Benevento Cultura

Le vedute aperte di Emilio Sereni, indimenticato autore della Storia del Paesaggio agrario urbano e ispiratore di Italia Nostra, accompagnano la scoperta dei progetti di restauro del Teatro Romano di Benevento presentati nel workshop dell’Ordine degli Architetti lo scorso 15 giugno. Destinato ai progettisti della provincia, il convegno prevedeva 5 giornate di formazione tecnico-pratica di cui si sentiva decisamente la mancanza.

Simone Foresta, funzionario archeologo della Soprintendenza di Caserta e Benevento; Giacomo Franzese, direttore del Teatro Romano di Benevento; Fabio Pagano direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei e Alfredo Balasco, architetto esperto del patrimonio monumentale sannita hanno dispiegato azioni, progetti e immagini utili per raggiungere un unico obiettivo: mettere in salvo la consistente bellezza del paesaggio antico assicurandone la recezione nella coscienza umana, per dirla con Cesare Brandi.

Solo le metodologie del Restauro disciplinano il riconoscimento dell’opera d’arte, trasmettendola fisicamente alle generazioni future; ma prima bisogna conoscerla, per capire cosa mostrare e cosa si è costretti a non mostrare.

Simone Foresta si dichiara preoccupato dell’assuefazione alla bruttezza nella città: In questo momento storico siamo chiamati ad affrontare progettazioni e finanziamenti molto differenti per le varie tipologie di interventi, che ci mettono di fronte a delle scelte radicali – dichiara il funzionario; tutti questi interventi devono, però, dialogare tra di loro: non possiamo pensare di utilizzare modi differenti. Quale sarebbe l’effetto finale? Dobbiamo ragionare pensando alla città e al territorio come ad un organismo.

Il paesaggio che prefigura Foresta è quello dipinto da Antonio Joli nel 1759: un colto pastiche della passeggiata di Maria Amalia di Sassonia alla scoperta dei monumenti beneventani, in cui gli stessi vengono raffigurati in una ‘realtà aumentata’ che sintetizza mirabilmente la cultura e le bellezze locali. Se i monumenti beneventani oggi sono ‘ossa senza carne’ è pur vero che occorre rimettere questa carne, rendendoli leggibili agli occhi; per farlo bisogna studiarli, inventariarli, misurarli.

Il primo step verso la tutela e la valorizzazione è il rilievo scientifico, materia in cui eccelle l’architetto Alfredo Balasco, particolarmente legato al Sannio. Nel 1973, quando ero iscritto al primo anno della Facoltà di Architettura, curavo i rilievi degli scavi e delle mura dell’antica Telesia - ci dice Balasco - negli anni Ottanta ho iniziato a lavorare a Benevento negli scavi della città e all’arco di Traiano e per tanti anni al Teatro Romano. Il direttore del teatro Giacomo Franzese che lavora alla Direzione Regionale dei Musei della Campania, spinge per un progetto di pubblicazione dei risultati.

La pubblicazione degli studi è importante per avviare un’azione di divulgazione al pubblico secondo Balasco: Credo sia doverosa e necessaria una pubblicazione delle considerazioni che si sono avute già da qualche decennio anche dopo gli ultimi scavi archeologici, avendo chiarito alcuni aspetti architettonici del monumento che prima rimanevano ancora insoluti. Scavando nel cuneo di terra che non era mai stato toccato sono state ritrovate anche delle sepolture che documentano la fase di abbandono del teatro.

A proposito di divulgazione al pubblico, la soluzione prospettata da Franzese e avallata da Balasco è quella della musealizzazione: Questa è una delle priorità: il teatro è stato sempre utilizzato come luogo di raccolta dei reperti antichi ritrovati in tutta la città; va fatto un lavoro di riordino di questi reperti mettendo in evidenza i materiali che appartengono al teatro, per esempio gli elementi architettonici, per avere una lettura più chiara della decorazione. Azione condivisa anche dalla Direzione regionale dei musei che pensa ad una sorta di museo dell’opera del teatro, creando un percorso di conoscenza che restituisca alla città la sua storia.

Il rilievo architettonico, quindi, è molto più che ‘prendere le misure’; è la base di partenza del progetto di musealizzazione che coinvolge tutto il territorio. Eseguito con metodo filologico, chiarisce tutti gli aspetti, integrandosi continuamente con il dato archeologico: sono, infatti, due fattori profondamente legati tra loro.

Ma come va fatto un buon rilievo? Nel Teatro Romano di Benevento i primi rilievi iniziati alla fine degli anni Ottanta hanno sfruttato sotto il profilo tecnico la geometria euclidea ma anche le prime tecnologie elettroniche come teodoliti con distanziometri a raggi infrarossi – ci dice Balasco. La tecnica del rilievo si è poi evoluta nel tempo, arrivando all’impiego totale di stazioni al laser per arrivare all’uso del drone nelle fotogrammetrie tridimensionali. Però bisogna fare attenzione: le scelte delle varie tecnologie da utilizzare sono finalizzate ai risultati che si vogliono ottenere. La conoscenza di un monumento antico è legata principalmente all’osservazione e al contatto diretto. Anche nel caso del Teatro Romano di Benevento, usare solo il processo di acquisizione veloce dei dati non permetterebbe di valutare alcuni dettagli. Spiega Balasco: Sui blocchi architettonici, ad esempio, ci sono fori e tracciamenti geometrici strettamente legati al funzionamento del cantiere antico. Questi elementi sono acquisibili solo con l’osservazione diretta, che però è legata alla conoscenza delle tecniche costruttive e dei materiali dell’architettura antica. Altro esempio sono gli strati edilizi che raccontano le fasi costruttive nelle varie epoche.

Insomma, alla base c’è sempre la misura della conoscenza che richiede tempo per una corretta analisi. Senza non ci sono ricostruzioni cronologiche e, quindi, distinzioni tra le parti; la distanza dalla valorizzazione aumenta mentre il percorso di fruizione diventa impossibile.

L’osservazione scientifica è sicuramente pane per gli addetti ai lavori; ma come si trasmettono al grande pubblico le scoperte che riguardano il Teatro Romano di Benevento, valorizzandolo? Balasco non ha dubbi: L’aspetto legato alla valorizzazione non è trascurabile; è corretta solo se si basa su informazioni scientifiche corrette, rese comprensibili per un pubblico vasto con momenti di sintesi e un linguaggio semplice che però non banalizzi l’argomento. Un linguaggio accessibile, facile da creare quando si hanno alle spalle elementi di conoscenza molto precisi. Le figure addette sono varie, le guide turistiche per esempio; il processo di valorizzazione si costruisce con percorsi didattici utilizzando strumenti di comunicazione tradizionali o anche con le tecnologie moderne; ma senza legare la valorizzazione a un processo di mercificazione. Attualmente sta prevalendo proprio questo sistema che viene tacciato come valorizzazione, in realtà altra cosa. Per il Teatro Romano di Benevento il processo di valorizzazione può avvenire proprio con la costruzione del museo in cui sono esposti i materiali del teatro che mostrano gli aspetti della vicenda archeologica del monumento, corredata da una comunicazione accessibile ma non banale. Ma anche da strumenti tecnologici che migliorano la comprensione da parte del pubblico.

Balasco considera positivamente la consuetudine sempre più diffusa di aprire i cantieri di restauro ai visitatori; a patto, però, che si rispettino tutti i criteri di sicurezza. La prossima tappa del viaggio di riscoperta potrebbe essere la nascita di un coordinamento scientifico, che curi la pubblicazione sotto tutti gli aspetti: compresa la valorizzazione in rapporto alla Città e al territorio agognata da Simone Foresta. Riusciremo un giorno a fare la passeggiata di Maria Amalia?

ROSANNA BISCARDI