Viaggio nella scuola dell’autonomia Cultura

La nuova società è il frutto di una rivoluzione scientifica e intellettuale, basata sulla ricerca, che ha fatto crollare le impalcature di miti secolari, di una rivoluzione industriale, basata sulla macchina e gravitante attorno alla categoria dell’utile, e di una rivoluzione sociale, prodotta dalla democrazia. Poiché non esistono valori assoluti, tutti i modelli predeterminati oggi più che mai saltano e salterebbero domani, in un mondo in cui il mutare delle condizioni storiche e sociali, dovuto in particolare alle scoperte scientifiche e allo sviluppo tecnologico, e l’influsso dei “mass media” cambiano continuamente i gusti, i costumi, le condizioni dei popoli protesi alla conquista di orizzonti più ampi. Lo sviluppo, che oggi hanno raggiunto le tecniche, soprattutto a livello industriale, impone alla nostra vita dei condizionamenti assai più gravi di quelli che venivano imposti alla vita delle società a noi precedenti. La ragione è che le tecniche moderne che ricevono stimolo e supporto dalla comunicazione informatica, hanno una tale complessità ed implicanze così lontane che o si distruggono del tutto i processi tecnici o questi non possono svolgersi senza condizionare profondamente la nostra vita. Un’industria condiziona la società sia perché chiede ad essa tecnici, sia perché chiede materie prime, sia perché chiede mercati. I prodotti delle nostre industrie penetrano, mediante il supporto dei mass media e della comunicazione informatica, nella nostra vita quotidiana e la trasformano; le esigenze tecniche dell’industria penetrano nello insegnamento e lo trasformano; il ritmo di lavoro di un’industria impone un ritmo di vita agli operai e ai dirigenti, i rifiuti di un’industria penetrano nell’ambiente naturale e lo inquinano; la domanda di materie prime di un’industria si rivolge al mercato nazionale ed internazionale e lo sollecita, si rivolge ad industrie minerarie ed agricole e le stimola. In questo modo un’industria produce i suoi effetti in tutti i campi della vita di una società. Le attuali strutture industriali, dotate di indubbio potere di liberazione dell’uomo dai bisogni, si rivelano, nella loro ambivalenza, come strutture repressive che asserviscono l’uomo. Oggi, l’umanità vive quindi la sua crisi: è l’economia del consumo che ha sconvolto tutti i modelli preordinati di vita ed ha diffuso una notevole inquietudine. Come è possibile superare questa inquietudine? Il problema è complesso. Innanzi tutto non è possibile buttare dalla finestra i vantaggi reali raggiunti grazie al processo scientifico, tecnologico ed industriale. L’umanità, nell’attuale fase della sua storia, riceve dalla tecnica notevoli vantaggi, anche se ne resta fortemente condizionata. L’osservatore sprovveduto e superficiale addossa tutti i mali, che affliggono la società occidentale, all’economia del consumo. Per amore di chiarezza, occorre precisare che tale problema coinvolge solo i paesi ad alto livello industriale, mentre per le nazioni emergenti e per i popoli sottosviluppati, sui quali grava il pesante fardello di una economia chiusa, esiste una problematica diversa, che presenta risvolti drammatici. Pertanto, necessita una soluzione generale e non particolare, giacchè l’inquietudine investe tanto i popoli che vivono in una società consumistica quanto quelli che non sono riusciti ancora a risolvere i fondamentali problemi della vita. La soluzione prospettata da Marcuse, per superare l’attuale crisi, generata dai bisogni oppressivi, è priva di fondamento scientifico. Egli, partendo dalla psicanalisi e da Marx, pensa che sia possibile prospettare una società non repressiva, nella quale all’insicuro benessere del consumo faccia seguito la felicità dell’Eros ritrovato. Sul piano psicologico, è lecito dire che l’uomo, quando non è impegnato nel mondo del lavoro, è preso ugualmente dall’angoscia. Quindi, se il lavoro viene ridotto a pura attività ludica, con la contestuale mitizzazione dell’amore e dell’arte, si cade inesorabilmente nell’utopia impossibile. Né il libero amore, né l’arte e né il completo affrancamento dal lavoro possono operare il miracolo della felicità dell'uomo. L’offerta formativa e la produzione degli strumenti didattici nella scuola dell’autonomia. La scuola di trincea (che non è quella delle leggi e delle circolari) spinge dirigenti ed operatori scolastici a mettersi in discussione e ad evitare i disorientamenti, cui possono andare incontro nella lettura dell’identità culturale e dei bisogni di ogni singolo alunno, e nell’articolazione, secondo i principi di una condivisa strategia operativa e di una avvertita esigenza di giustizia in educazione, dell’offerta formativa e nella gestione delle risorse e delle competenze professionali. Indubbiamente, la scuola dell’autonomia ( delineata dalla vigente legislazione), con il lavoro delle commissioni costituite anche con il contributo degli organi collegiali, tende a realizzare una maggiore aderenza ai bisogni formativi dell’essere umano mediante un rinnovato rapporto con l’extra-scuola. Pertanto, esalta la flessibilità gestionale, la funzionalità amministrativa e didattica, la libertà di insegnamento, nel rispetto delle leggi generali dell’istruzione. In ogni espressione di volontà, persegue la contestualizzazione e la concretizzazione del testo programmatico nazionale, nel rispetto della Carta Costituzionale e col contributo degli organi collegiali, che mirano ad esaltare ulteriormente la partecipazione delle famiglie alla gestione del servizio scolastico sul territorio in base ai criteri di solidarietà e di efficienza. Intanto, occorre sottolineare che l’autonomia organizzativa e finanziaria è di difficile realizzazione, perché la strada della convenzione tra la scuola e gli altri enti pubblici o tra scuola ed enti locali è stata progettata ma non ancora costruita. Questa strada, una volta costruita e resa funzionale al servizio scolastico sul territorio, certamente favorirà l’utilizzazione razionale delle risorse, l’elaborazione di progetti a rete, l’assicurazione di servizi utili, lo svolgimento, da parte della scuola come unità di base, di un’azione incisiva, finalizzata alla neutralizzazione delle disuguaglianze. Naturalmente “l’aggressione” dello svantaggio culturale e l’impedimento dell’insuccesso scolastico sono anche legati alla produzione degli strumenti didattici, i quali devono essere funzionali alla logica operativa laboratoriale, fondata sul fare ragionato e consapevole, sul dialogo continuo tra docenti e docenti ( la gestione collegiale del curricolo) e tra docenti ed alunni all’interno del gruppo di lavoro, sulla trasversalità degli obiettivi (logica interdisciplinare) e sulla maturata capacità di trasferire, da parte dei docenti e degli alunni, competenze ed informazioni da un campo all’altro del sapere. In sintesi, le competenze longitudinali, che si conquistano negli alvei delle discipline scolastiche, devono integrarsi con le competenze trasversali, che si sviluppano con l’applicazione quotidiana della logica interdisciplinare. La scuola deve (oggi più di ieri) impegnarsi a restituire alla ragione una forza storica, per fare in modo che il mondo si adatti allo sviluppo delle possibilità del genere umano. Introdurre la razionalità, vivificata dalla saggezza e dalla poesia, nella scuola e nella realtà sociale significa contribuire a distruggere le ingiustizie (è questa una delle utopie possibili del terzo millennio), le superstizioni, i privilegi, le immotivate ed assurde remore al progresso sociale, scientifico ed umano. La ragione, mai disgiunta dalla saggezza, può governare la realtà se la realtà diviene essa stessa razionale. In breve, l’immane tormento del negativo, per dirla con Hegel, deve diventare il propellente della ragione dialettica e dello sviluppo del reale Come assicurare agli scolari di oggi il migliore adattamento alle condizioni di esistenza che la vita imporrà loro domani. La scuola deve aiutare gli individui a superare la presente inquietudine. In che modo? Deve avere un’attenzione strategica rispetto ai problemi della società e dell’individuo. Perciò non può formare individui in astratto per una società ideale, ma deve avere davanti agli occhi la società reale con tutti i suoi condizionamenti, le sue deficienze e le sue contraddizioni. La scoletta di un tempo che propinava precise leggi sintattiche e rigide regole morali, che miravano a favorire una piena sudditanza all’autorità, era adatta ad una società diversa dalla nostra e, da quel tipo di scuola, la società voleva che nascesse il cittadino disposto a lavorare, a battere le mani, ad accontentarsi del poco. Invece, oggi, occorre una scuola che risponda alle esigenze della società tecnologizzata. Il ruolo della scuola, oggi, è duplice, poiché contemporaneamente deve formare uomini che siano capaci tanto di servire alle esigenze dello sviluppo scientifico e tecnologico quanto uomini capaci di dominare questo sviluppo, assoggettandolo ai fini di godimento della vita da parte degli individui e della società. Per fornire tecnici all’altezza del momento, la scuola deve impiegare i metodi che accelerano lo sviluppo intellettivo, l’utilizzazione di stimolazioni problematiche dell’intelligenza, la variazione delle esperienze, l’apprendimento delle lingue straniere e la progressiva conquista della comunicazione informatica.. Per formare gli individui capaci di dominare la tecnica, senza lasciarsi trascinare da essa, la scuola deve essere in grado di dare un vivo senso critico e profondi principi, riguardanti i valori umani ed i concetti morali. Con questa duplice opera, può formare veramente uomini che sappiano vivere nella difficile epoca della specializzazione settoriale del sapere e della tecnologia. Infatti, essa deve formare uomini la cui personalità sia in possesso degli strumenti concettuali e critici necessari a manovrare ed a controllare il mondo della produzione e le conoscenze di questa. A livello operativo, il lavoro scolastico deve abituare gli alunni a privilegiare il momento della problematizzazione, a incoraggiare la formulazione di congetture intelligenti e di validi metodi di verifica e valutazione. In altre parole, deve praticare una pedagogia orientata verso il futuro, aperta ai cambiamenti ed all’evoluzione con la contestuale utilizzazione di metodi e procedimenti capaci di assicurare agli scolari di oggi un migliore adattamento alle condizioni di esistenza che la vita imporrà loro domani. In sostanza, la scuola deve costruire le strutture portanti di una umanità migliore, garantendo la libertà delle scelte a tutti i livelli, per scongiurare il pericolo che tale diritto, come sovente si verifica, sia esercitato solo nelle cose più banali della vita. La scuola, così intesa, finisce col cambiare anche coloro che stanno alle leve di comando: li fa divenire più duttili, aperti alle richieste dei vari gruppi, sensibili non solo alle grida di dolore, ma anche ai primi timidi sospiri di esigenze nascenti. Come è evidente, oggi per l’intera umanità, esiste il problema di superare i presenti conflitti non in nome della scienza, ma in nome della saggezza, che resta l’unico strumento per progettare responsabilmente l’umano.

VITTORIO BARBIERI